Fabrizio Fabbroni: “Lavoro, serve una riforma chiara”

Speciale Primo maggio – L'esponente della Cisl: “Il sindacato ha dimostrato ancora una volta di essere fondamentale per il tessuto sociale del Paese”

Fabrizio Fabbroni

In occasione del Primo maggio abbiamo parlato con Fabrizio Fabbroni, della segreteria provinciale aretina dell’Unione sindacale territoriale della Cisl.

Dopo oltre un anno dall’inizio della pandemia quali sono stati i principali effetti sul mondo del lavoro?

Gli effetti sono senza dubbio preoccupanti. Ancora tutto sembra tenere perché finché c’è la norma che impedisce ai datori di lavoro di licenziare la situazione è abbastanza sotto traccia. Chiaramente però tutto questo finirà e quindi non vediamo un gran futuro, soprattutto in settori come industria metalmeccanica, turismo e commercio, dove non basta riaprire pensando che tutto si risolva ma occorre fare altre valutazioni, con la politica che è sempre in silenzio. Resistono invece i servizi perché Rsa, ospedali, assistenza alla persona vanno avanti, è in ripresa il settore edile, mentre si avvita verso il fondo il sistema bancario con chiusure e ridimensionamenti che portano problemi occupazionali. Dovremo inoltre valutare e rivedere un problema irrisolto che è quello degli ammortizzatori e del mercato del lavoro. Nel nostro Paese interessa più fare i mojito o andare al ristorante che occuparsi di una riforma chiara del lavoro, ma senza il lavoro si ferma tutto: il lavoro è il volano del futuro e della tenuta sociale ed economica del paese. Io credo che dopo l’approvazione del Recovery Fund sia necessario mettersi in testa tutti, tutti davvero, che bisogna agire sul lavoro, su una seria riforma fiscale, un abbattimento completo delle aliquote Irpef, una nuova regolamentazione per la pensione. Non ci dimentichiamo infatti che il 31 dicembre di quest’anno termina “quota 100”, e se non viene fatto niente vengono ripristinate le regole della Fornero, che erano 67 anni di età o oltre 42 anni di lavoro.

Come sono cambiati in questo anno il ruolo e l’attività del sindacato?

Abbiamo acquisito sicuramente molta consapevolezza, perché nel periodo del lockdown siamo stati l’unica porta sempre aperta in tutta la provincia e credo anche in tutta Italia. Abbiamo seguito tutte le istanze legate alle concessioni di Naspi, reddito di cittadinanza e di emergenza e quant’altro. Su tutto quello che è stato necessario siamo sempre stati presenti, con la gente che si è abituata a lavorare su appuntamento. Insomma il sindacato c’è e ancora una volta ha dimostrato – lo dico senza troppa modestia – di essere fondamentale per il tessuto sociale del paese. Ne approfitto per dare dei numeri. Da inizio anno in provincia di Arezzo siamo a 459 domande di accesso alla Naspi, nel solo mese di aprile siamo a 173 aziende che l’hanno richiesta. La proiezione è preoccupante, anche perché ci sono dei settori che finora erano rimasti vergini che stanno cominciando ad annaspare.

In questo contesto quali auspici accompagnano il Primo maggio?

Il 1° maggio ha uno slogan molto bello coniato dalle organizzazioni nazionali: “L’Italia si cura con il lavoro”. Cgil, Cisl e Uil, non potendo mettere in piedi eventi pubblici, hanno organizzato in maniera unitaria una conferenza stampa nella zona di Levane, interessata da due incendi, al momento non sappiamo se dolosi o meno, che hanno portato grosso disagio alle lavoratrici e ai lavoratori. Ora sembra che si stiano risollevando, e anche questo è un messaggio per il futuro, perché anche altre aziende si sono dimostrate disponibili a cercare di reintegrare più possibile questi lavoratori. L’auspicio è che sia l’ultimo Primo maggio vissuto in questa maniera e che le problematiche esposte vengano affrontate con serietà, ma ho i miei dubbi, perché in questi mesi se ne è parlato molto poco. Si è parlato di altre cose importanti, ma magari anche nel Recovery Plan ci sarebbe stata bene una parola in più per la riforma degli ammortizzatori sociali e del mercato del lavoro, invece da questo punto di vista siamo fermi, sostanzialmente non è stato fatto niente. In tutto ciò un passo importante è la vaccinazione, rispetto a cui ci deve essere maggiore consapevolezza: è un obbligo per ciascuno, senza il quale difficilmente riusciremo a ripartire. E invece dobbiamo ripartire con serietà e con coscienza.

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