Don Duilio Mengozzi ed altre storie di “eroismo quotidiano”

L'Archivio Storico Diocesano di Sansepolcro rende omaggio ad alcuni dei personaggi del territorio che rischiarono la vita per dare aiuto a donne e uomini ebrei durante le persecuzioni

Nelle foto: don Duilio Mengozzi all’ingresso della sede del vecchio ospedale di Sansepolcro, in Via della Misericordia, e un momento della cerimonia di conferimento del titolo di “Giusto fra le Nazioni”.

In occasione del “Giorno della memoria”, istituito in ricordo della Shoah e dei milioni di vittime di uno dei più grandi genocidi della storia, ricordiamo alcuni di coloro che, a Sansepolcro e in altre parti della Diocesi, rischiarono la propria vita per salvare quella di uomini e donne ebrei perseguitati per motivi razziali.

Don Alessandro Bartolomei, parroco di Sigliano ospita ai pasti in casa propria alcuni ex internati di Renicci, tra cui il maestro Confino Nissim, serbo, di religione ebraica e politicamente comunista. A seguito di una informazione alla polizia il Nissim viene arrestato e portato in carcere, mentre don Alessandro sfugge all’arresto perché in quel momento si trova fuori della canonica. Il Bartolomei offre asilo anche a una famiglia di ebrei fiorentini, i Coen, da oltre un anno rifugiatasi a Pieve Santo Stefano. Dopo una prima ospitalità a Sigliano, vengono accolti nella casa di famiglia a Campalla. A Verazzano la famiglia di Josef Saghi è accasata in canonica, lasciata libera da don Domenico Mencaroni trasferitosi a Toppole. A Fresciano, per un mese, don Gino Lazzerini ricovera l’ebreo olandese Bernard van Praag insieme al figlio cattolico di 26 anni.

A Sansepolcro don Duilio Mengozzi mette in salvo la famiglia triestina di Massimo Varadi, pronipote di Lionello Stock, fondatore dell’omonima azienda di liquori, rifugiatasi a Pieve Santo Stefano nel luglio 1943; successivamente si trasferisce a Sansepolcro, dove la ditta Stock aveva di recente acquisito una distilleria. Il responsabile tecnico della distilleria, Pietro Lucernesi, ospita i Varadi, che vi rimangono fino al febbraio 1944, quando si rifugiano in Svizzera. Al momento di progettare la fuga, Emma Goldschmied Varadi, sessantasettenne, manifesta la sua decisione di rimanere a Sansepolcro, ospite nella casa canonica di don Duilio, che, essendo rimasto orfano di madre da bambino, avrebbe potuto spacciarla per la propria madre. La situazione comincia a diventare pericolosa quando al Trebbio si insedia il comando tedesco, il 20 luglio 1944: sono soldati appartenenti alla 114a Jaeger Division (Divisione Cacciatori), formata nei Balcani per contrastare i partigiani. Nata a Trieste nel 1877, Emma Goldschmied parla correntemente il tedesco, per cui riesce ad aiutare don Duilio nei colloqui con i militari. Durante questi giorni non mancano episodi particolari, come quando la signora protesta con i militari tedeschi che vogliono fare lavare la propria biancheria alle donne del Trebbio, oppure quando tiene testa a un tedesco ubriaco entrato nella casa canonica. Ciononostante, la copertura regge e nessuno sospetta nulla. Questa storia è stata narrata da Alvaro Lucernesi e Andrea Bertocci nel libro “La via del Trebbio”.

Un’altra famiglia ebrea a essere salvata è quella di Attilio Momigliano, professore di letteratura italiana nell’Università degli Studi di Firenze fino all’espulsione a seguito delle leggi razziali. Dopo aver trovato rifugio a Firenze, Bologna e Città di Castello, il Momigliano giunge a Sansepolcro, dove vive l’amico prof. Gino Franceschini. È proprio lui a presentare il caso al dott. Raffaello Alessandri, direttore dell’ospedale cittadino, il quale accoglie i coniugi Momigliano e li nasconde in una piccola stanza del nosocomio, dove rimangono per otto mesi custoditi dallo stesso Alessandri e dal dott. Carlo Vigo, primario medico dell’ospedale e direttore del dispensario antitubercolare. A Sansepolcro il Momigliano incontra anche il vescovo Pompeo Ghezzi, che più tardi definirà un «santo vescovo» e una figura «portiana», con il quale discute sul problema del male. I due coniugi, insieme ad altre persone, vengono fatti scappare attorno a metà agosto: per la cena e la notte sono ospitati in canonica da don Duilio e la mattina dopo, il 18 agosto, il giovane Alvaro Lucernesi li traghetta oltre il Tevere, verso le linee inglesi. Il 3 settembre 2013 lo Yad Vashem di Gerusalemme ha comunicato l’iscrizione del nome di don Duilio Mengozzi nell’elenco dei “Giusti fra le Nazioni”.

Storie di “eroismo quotidiano”, che ci dicono che è possibile vincere il male con il bene.

Exit mobile version