Giocare in Serie A è il sogno di tutti i bambini, il desiderio che anima chiunque di noi abbia mai messo piede su un campo di calcio. Pochi riescono a realizzarlo e ancora in meno possono affermare di aver marcato ad esempio un fuoriclasse come Roberto Baggio, senza averlo fatto segnare. Tra questi c’è Davide Mezzanotti, “biturgense doc” che nella sua prestigiosa carriera da calciatore ha militato per 18 anni tra i professionisti togliendosi tante soddisfazioni. Ha esordito a 19 anni in Serie A con il Torino e poi ha indossato le casacche di Pro Sesto, Brescia, Pescara, Napoli, Vicenza, Fermana, Livorno, Salernitana, Mantova ed Arezzo, prima di “chiudere il cerchio” in Serie D, nel “suo” Sansepolcro. In totale ha collezionato 25 presenze in Serie A, 263 in Serie B, 120 in Serie C. Realtà blasonate e numeri di spessore che però raccontano solo in parte la storia di Davide. La sua è infatti stata un’avventura fatta di doti calcistiche (senza cui non sarebbe stato possibile arrivare in Serie A), ma soprattutto di passione, determinazione e coraggio, elementi fondamentali in ogni ambito se si vogliono coronare sogni. Lui ce l’ha fatta ed è stato per molti giovani del territorio un punto di riferimento. Ha giocato fino a quasi 40 anni e una volta appesi gli scarpini al chiodo si è seduto in panchina, iniziando proprio da Sansepolcro un nuovo percorso. Con lo stesso amore per il calcio e mettendo sul piatto la sua esperienza. Mezzanotti è oggi protagonista di questa intervista e con lui abbiamo parlato di presente e di futuro, ma anche ripercorso i momenti più belli della sua carriera.
Come valuti tua esperienza più recente, quella da allenatore dell’FC Castello in Promozione Umbra?
“È stata un’esperienza molto positiva fino a quando purtroppo tutto il calcio si è dovuto fermare a causa dell’emergenza Coronavirus. Dispiace non aver portato a termine la stagione, ma non c’erano alternative vista la situazione. A livello calcistico e personale è stata una bella avventura, in una categoria nuova per me, in una società che mi ha fatto star bene e con dei ragazzi stupendi. Ci siamo divertiti e abbiamo anche giocato un bel calcio”.
Il tuo futuro?
“Ancora tutto da scrivere. L’avventura a Città di Castello si è chiusa a fine giugno e dal 1 luglio sono libero. Il momento è particolare per tutto il settore calcio e molte società devono ancora decidere se e come iniziare la nuova stagione. A livello personale qualcosa diciamo che si muove, ma ancora è presto per fare ulteriori discorsi. Di certo dopo questo lungo stop ho ancora più voglia di calcio e di allenare”.
Capitolo ripartenza. I professionisti sono tornati in campo, per i dilettanti restano da valutare tempi e modi. Come vedi il futuro?
“La ripresa dei professionisti è stata fondamentale e farà da traino a tutto il movimento. Le partite senza pubblico sugli spalti non sono certo il massimo, ma tutti noi appassionati avevamo fame di calcio e per il momento ci accontentiamo. Quanto accaduto è stato terribile e la tutela della salute deve restare al primo posto, quindi i rischi vanno tenuti al minimo. Io sono ottimista per la ripresa a pieno regime e spero che a fine settembre o a inizio ottobre ripartano tutti campionati. È fondamentale che la situazione continui a migliorare e che questo porti a una maggiore tranquillità, poi è chiaro che per i dilettanti si dovrà studiare un protocollo di sicurezza meno rigido, sennò non sarà facile”.
Nella tua carriera da calciatore sei arrivato ai massimi livelli indossando le maglie di squadre importanti. Soddisfatto per il tuo percorso?
“Sono molto felice di quello che ho fatto. Quando ero bambino sognavo di giocare in Serie A ed il fatto di esserci riuscito mi riempie di orgoglio. Mi sono tolto tante soddisfazioni ed ho provato grandi emozioni in ogni realtà. Devo ringraziare prima di tutto mio babbo e mia mamma per quello che mi hanno dato, nel fisico e nei valori trasmessi, poi io ci ho sempre messo passione e volontà gettando il cuore oltre l’ostacolo. Non ho rimpianti anche perché il mio impegno è stato apprezzato ovunque e questo per me vale tanto”.
Il ricordo più bello?
“Ce ne sono tantissimi. Giocare in stadi come San Siro, l’Olimpico o il San Paolo ad esempio, il bagno di folla a Livorno nel 2001-2002 dopo la vittoria del campionato di Serie C, i 3 favolosi anni a Mantova caratterizzati dalla promozione in Serie B, dalla finale play off per salire in Serie A, dai successi dell’anno seguente contro Juventus, Napoli e Genoa, o le due presenze nella nazionale under 21 di Serie B. Se devo scegliere però dico l’esordio in Serie A con il Torino all’età di 19 anni nel 1990-1991 quando al Via del Mare pareggiammo 1-1 contro il Lecce. Era una squadra eccezionale con Mondonico in panchina e con tanti campioni”.
Il giocatore più forte che hai marcato?
“Ci sarebbe l’imbarazzo della scelta, ma dico senza esitazioni Roberto Baggio, un fuoriclasse immenso che ha segnato un’epoca con la sua straordinaria classe. Prima della gara ero molto concentrato e ovviamente teso, poi però appena sceso in campo ho pensato solo a dare il massimo ed è andata bene visto che non ha segnato. Marcare Roby Baggio comunque è stata una grande emozione”.
Tra i quattro gol segnati in Serie B qual è il più significativo?
“Essendo un difensore ne ho fatti pochi e per questo li ricordo tutti con piacere. La rete più emozionante è stata quella segnata allo Stadio Bentegodi a dicembre 2006 quando con il Mantova battemmo il Verona. Era una sfida molto sentita dato che il Mantova non vinceva il derby mi sembra da oltre 30 anni. Finì 3-0 per noi e io sbloccai il risultato sugli sviluppi di una punizione laterale sfruttando una sponda e mettendo di testa la palla al palo lontano. Fu una grande emozione anche perché il mio gol fu di fatto decisivo”.
Ti senti ancora con i tuoi ex compagni?
“Avendo giocato in varie squadre ho avuto la fortuna di scoprire realtà bellissime e di conoscere tantissime persone. Ho avuto con tutti un ottimo rapporto ed in molti casi è nata una vera amicizia. Con tanti di loro ci sentiamo ancora privatamente o nei vari gruppi WhatsApp: ad esempio ne ho uno con gli ex compagni del Livorno dell’anno in cui vincemmo il campionato e un altro con quelli del Torino Primavera dell’anno in cui vincemmo lo Scudetto e che si chiama “I figli del Filadelfia”. Una squadra formidabile in cui c’erano, giusto per citarne alcuni, Vieri, Carbone, Delli Carri, Cois, Pancaro”
Cosa pensi del calcio di oggi?
“È cambiato molto e resta sempre uno sport meraviglioso. Prima forse emergeva maggiormente la tecnica individuale, oggi prevalgono ritmo e tattica, ma non mancano certo giocatori e giocate di classe. C’è stata un’evoluzione bella anche da studiare. Quasi tutte le squadre fanno partire ad esempio l’azione da dietro, ma con modalità e stili diversi. È il bello di uno sport in cui la cura dei dettagli spesso fa la differenza”.
Il momento più bello da allenatore?
“Sono stati tanti a partire dalla prima stagione con il Sansepolcro quando vincemmo i play off del girone di Serie D accendendo alla fase nazionale. Ricordi che resteranno sempre dentro di me e di quel fantastico gruppo. Per un allenatore la gioia più grande però è vedere un giocatore che cresce grazie al lavoro svolto”.
Proprio in questi giorni si deciderà il destino del calcio a Sansepolcro. Cosa pensi di questo momento, da biturgense doc, da ex calciatore ed ex tecnico?
“Sono molto legato alla maglia bianconera e seguo l’evolversi della situazione, sperando che tutto vada per il meglio. Non entro ovviamente nel merito e capisco le difficoltà nel fare calcio oggi, ma sono fiducioso per natura e lo sono anche per il futuro del Sansepolcro”.
Il consiglio più prezioso che ti senti di dare a un giovane?
“Quando ero ragazzo io il pallone era uno dei pochi divertimenti, ma noto con piacere che anche oggi per le nuove generazioni il calcio resta un grande amore. Passione, cuore, impegno e divertimento sono la base di tutto e devono essere coltivati ponendosi traguardi da raggiungere e sogni da realizzare. Dando il massimo e cercando di migliorarsi”.
Il tuo sogno da allenatore?
“Sono un sognatore e mi sono sempre posto obiettivi ambiziosi. Non smetterò certo ora e cercherò di arrivare più in alto possibile dando tutto me stesso. Per non avere rimpianti neanche in questo caso”.