Dante Donati: “Un sogno che si avvera, insegnerò alla Columbia University”

Per il giovane ricercatore pievano una nuova avventura professionale: dopo l’esperienza a Barcellona, quest’anno il trasferimento a New York per lavorare nella prestigiosa università

Dante Donati in Messico

Per la rubrica Valtiberini nel mondo oggi raccontiamo la storia di Dante Donati, giovane ricercatore originario di Pieve Santo Stefano che, dopo un’importante esperienza di dottorato all’università Pompeu Fabra di Barcellona, da quest’anno si trasferirà a New York con la sua famiglia per insegnare alla Columbia University, fra le più prestigiose università a livello mondiale.

Quando è nata la decisione di trasferirti all’estero? Raccontaci il percorso che ti ha portato a questa scelta.

Sono nato a Sansepolcro, per i primi vent’anni ho abitato a Pieve Santo Stefano. Ho frequentato il liceo “Città di Piero” e, successivamente, ho intrapreso l’università scegliendo la facoltà di economia e scienze sociali alla Bocconi. Dal 2010 al 2015 sono stato a Milano e ho deciso, in seguito, di intraprendere la carriera accademica. Ho fatto un dottorato in economia all’università Pompeu Fabra di Barcellona, dove attualmente vivo con la mia compagna e mio figlio. Siamo stati là dal 2016 ad oggi, l’ultimo anno siamo stati molto in Italia a causa della pandemia. Ho deciso di presentare domande in varie università sia europee che statunitensi, ho ricevuto alcune offerte sia dall’Italia che dagli Stati Uniti e, alla fine, ho scelto di accettare l’offerta alla Columbia University, per la precisione alla Business School, se tutto va bene ci trasferiremo a luglio. Tuttora sono studente di dottorato all’università di Barcellona, questa ancora è la mia base professionale.

Attualmente di cosa ti occupi?

Faccio ricerca, mi occupo di studiare come l’informazione abbia effetti sulle scelte dei consumatori e sulle scelte delle imprese. Mi occupo di studiare come l’informazione aiuta i cittadini, soprattutto in paesi in via di sviluppo. Fra i vari filoni della ricerca, mi occupo di capire come utilizzare l’informazione sui social media e sui media tradizionali per promuovere lo sviluppo economico e determinate scelte comportamentali. Un esempio può essere la pubblicità progresso, cerco di studiare l’effetto che queste campagne pubblicitarie sui social media hanno sull’adozione di determinate pratiche comportamentali. Fra le varie realtà, sto lavorando anche con l’Unicef per cercare di capire come promuovere le vaccinazioni nei paesi in via di sviluppo.

Nel mondo della ricerca e dell’università hai riscontrato differenze fra l’Italia e l’estero?

In Europa il modello universitario è abbastanza omogeneo fra i vari stati, ciò che spicca è la differenza fra il sistema europeo e il sistema statunitense. La grande differenza sta nelle risorse, soprattutto quelle alla ricerca. In Europa i professori che non riescono ad accedere a borse di studio non hanno grandi risorse che, però, sono fondamentali per svolgere le ricerche. Negli Stati Uniti ci sono budget più sostanziosi che ti permettono di svolgere più agevolmente i tuoi studi. L’economia è una scienza sociale che studia il comportamento degli individui, per fare questo bisogna tracciarli nel tempo e capire come cambiano, di solito si fa uso di questionari e di sondaggi che sono molto costosi. L’Italia, purtroppo, spesso ha tagliato fondi alla ricerca, l’Europa in questo è un po’ più generosa, ma la grande differenza sta oltreoceano.

Durante una conferenza in India

Prima il trasferimento dall’Italia a Barcellona, da quest’anno la prestigiosa Columbia University

Dopo il liceo mi si è presentata la possibilità di andare a studiare a Milano e l’ho subito colta. Successivamente l’opportunità a Barcellona, ottimo approdo per stare vicino all’Italia e a casa. Oggi la scelta degli Stati Uniti nasce dal fatto che l’istituzione, la Columbia University, è prestigiosissima, avere l’opportunità di insegnare là è un ottimo biglietto da visita, un investimento per il futuro. Insieme alla famiglia abbiamo scelto di trasferirci negli Stati Uniti, le risorse sono migliori e questo è stato un incentivo ulteriore. A New York ci trasferiremo in quattro, è in arrivo il nostro secondo figlio.

Qual è l’aspetto più bello e più complesso del tuo lavoro?

L’economia è una scienza sociale, ha a che fare con gli individui. L’economia riguarda la salute, l’istruzione, le imprese e i consumatori, questa è la cosa bella, si ha l’opportunità di studiare tante cose diverse, l’importante è farlo sempre in maniera rigorosa, soprattutto se si vuole pubblicare in giornali internazionali di prestigio. La cosa che mi piace è che cerco di combinare metodo quantitativi, numeri e formule, con l’aspetto puramente socio-culturale. Nelle mie ricerche mi sono sempre divertito, mi hanno dato la possibilità di viaggiare e conoscere bene certe dinamiche che si svolgono in certi paesi del mondo, ho la possibilità così di confrontarmi con tante realtà diverse. Questa è una cosa bella, ma allo stesso tempo complessa perché ti porta tanto tempo lontano dal tuo paese e dalla tua famiglia; inoltre, ti viene richiesto di adattarti a certe norme diverse dalle tue e, spesso, si vede la faccia più cruda di certe zone del mondo.

C’è stato un momento che reputi fondamentale nel tuo percorso ?

Sicuramente quando ho avuto l’opportunità di accettare l’incarico alla Columbia University, forse il primo momento però è stato l’inizio, quando ho deciso di intraprendere questo tipo di ricerca, sull’informazione e lo studio dei media per contribuire allo sviluppo economico. Era il 2014, ho iniziato a lavorare con la banca mondiale in un progetto in Nigeria, ho passato 4 mesi in una città a sud del paese dove ho avuto la possibilità di imparare molto, sia dal punto di vista accademico che personale. Ho conosciuto amici con cui tutt’ora sono in contatto e ho avuto la possibilità di vedere e di toccare con mano un ambiente completamente diverso dal nostro in cui non tutti hanno diritto allo studio e alla salute.

In Nigeria

Cosa ti aspetti da questa nuova esperienza negli Stati Uniti?

Mi aspetto di trovare un ambiente estremamente aperto, diverso e inclusivo, la Columbia ha questa fama. Mi aspetto di imparare tanto e anche di divertirmi perché finora nel condurre le mie ricerche, nonostante gli aspetti negativi e più difficili, la cosa che mi rimane è questa. Mi piace anche l’idea di crescere i miei figli là, spero di cogliere tutti gli aspetti positivi di ciò che può dare New York. Mi sposto sapendo di avere un’istituzione che mi supporta in tutto, anche negli aspetti pratici legati al trasferimento. Gli Stati Uniti sono un paese diverso dal nostro, bisogna considerare bene anche la questione dei visti, si inizia mesi prima ad organizzarsi per avere appuntamento all’ambasciata. Per l’appartamento l’università ci viene incontro, andremo ad abitare vicino al campus in cui lavorerò, ci sono molte case per i professori. Abbiamo anche preso contatti con le scuole e abbiamo già preiscritto mio figlio.

Quanto è importante il supporto della famiglia?

L’appoggio della famiglia è fondamentale, la mia compagna è estremamente aperta ai trasferimenti all’estero, l’ho visto quando abbiamo scelto di andare a Barcellona. Quando è nato nostro figlio i tempi per il lavoro si sono naturalmente ristretti , abbiamo comunque la fortuna di avere i genitori che ci danno una mano, quando stavamo in Spagna venivano spesso, questo mi ha permesso di portare a termine l’esperienza a Barcellona. Quando c’è stata la proposta alla Columbia tutta la mia famiglia mi ha dato grande appoggio.

Con i genitori in occasione della laurea magistrale alla Bocconi

Progetti futuri? Hai qualche sogno?

Avevo il sogno di iniziare la carriera da professore e l’ho appena raggiunto. Sicuramente, il prossimo traguardo è diventare docente ordinario, è un sogno personale e il traguardo di carriera. Il sogno a breve termine è spendere qualche anno di vita spensierata con la mia famiglia, di crescere i miei figli in maniera che possano apprezzare questo tipo di vita e imparare molto da una città come New York, dalla lingua al modo di vivere. Chissà, ad un certo punto magari torneremo in Europa e in Italia.

Con la famiglia
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