Dal cielo d’Irlanda alla vita madrilena: la storia di Simone Cheli

Il 36enne biturgense, all’estero dal 2007 e oggi al servizio di Amazon Web Services, ci ha raccontato le sue esperienze in Eire e Spagna

Simone con la moglie Araceli, la figlia Giulia e il cane Blanca

Per la rubrica Valtiberini nel mondo, oggi raccontiamo la storia di Simone Cheli, un 36enne di Sansepolcro che subito dopo il percorso di studi in Economia e Finanza ha scelto di costruirsi un futuro all’estero e in particolare in Eire, dove ha vissuto dieci anni lavorando per varie multinazionali dopo una prima fase di sacrifici. Il suo percorso professionale ha avuto una svolta circa quattro anni fa con il trasferimento in Spagna. Tra le fasi cruciali dell’attuale esperienza nella penisola iberica, l’ingresso nel colosso digital Amazon Web Services e il matrimonio con la compagna Araceli, conosciuta ai tempi di Cork, dalla quale ha avuto una bambina, Giulia.  

Una storia di perseveranza e determinazione che abbiamo voluto ripercorrere insieme a Simone in questa ampia intervista.

Da quanto tempo sei lontano dalla Valtiberina? Cosa ti ha spinto a partire per l’Irlanda?

Sono andato via nel 2007, subito dopo la laurea, e ho scelto di andare in Irlanda con l’obiettivo di approfondire il mio inglese. Sono partito con un volo low cost Forlì-Dublino che acquistai già prima di discutere la tesi. Dell’Irlanda avevo avuto dei buoni feedback, alcuni provenienti dalla stessa Cork dove vivevano altri valtiberini.

Raccontaci la tua esperienza tra Cork e Dublino.

I miei dieci anni in Irlanda li ho trascorsi quasi totalmente a Cork. Sono partito con 1.500 euro che avevo messo da parte facendo il cameriere in una pizzeria del Borgo, dopodiché ho praticamente trascorso un anno e mezzo in un ostello, perché non avevo abbastanza soldi per permettermi un affitto. Lavoravo al ristorante dell’ostello stesso e nel frattempo ho migliorato il mio inglese anche grazie all’amicizia profonda che ho stretto con un gruppo di tre neozelandesi, un australiano e un canadese. Tra l’altro dagli Stati Uniti stava arrivando la crisi economica, e certamente fu un primo periodo abbastanza avaro di opportunità.

Poi però c’è stata una piccola svolta.

Sì. Ho lavorato in un call center dove mi occupavo di assistenza e billing service per l’Italia e i Paesi anglofoni. La compagnia era la Blizzard, molto conosciuta tra gli amanti dei videogiochi come casa produttrice di molti giochi di strategia e di ruolo tra cui World of Warcraft. Da lì è iniziato il mio percorso all’interno delle multinazionali, che è proseguito con Assurant Solutions, azienda americana che opera nelle assicurazioni, dove lavoravo come reporting analyst per tutta l’area UK e Italia, Spagna e Portogallo. Dopodiché c’è stata la chiamata di Apple.

Come sei arrivato in Apple?

Mi hanno contattato alcune persone con cui avevo lavorato ai tempi della Blizzard. Stavano creando un team nuovo, nel quale sono entrato anch’io dopo aver superato il colloquio, che si occupasse della gestione di tutto quel processo che porta all’approvazione di una app all’interno dell’AppStore. Oltre a questo, curavo anche le relazioni con i vari e sviluppatori dell’area EMEA (Europa, Middle East, Asia) attraverso il mio ruolo di trainer in occasione della Worldwide Developer Conference che si teneva ogni anno a San Francisco. Sono stati quattro anni intensi, prima del trasferimento a Dublino e il passaggio ad Oracle.

Anche in questo caso c’è stata una chiamata?

Esatto. Era il 2017, e un mio vecchio amico che lavorava ad Oracle mi ha contattato spiegandomi che c’era la possibilità di svolgere dei colloqui per entrare in un team a Dublino, così ho accettato la proposta e dopo aver svolto la consueta interview mi sono trasferito nella capitale. Dopo tre mesi è arrivata dall’azienda la proposta di rilocazione a Malaga, in Spagna, che ho accettato.

Al netto del lavoro, come giudichi i tuoi dieci anni in Irlanda?

L’Irlanda è stata una tappa fondamentale della mia vita. Ho stretto numerose amicizie e questo mi ha dato modo di vivere appieno anche la quotidianità che caratterizza questo Paese. Da sempre sono appassionato di sport, ad esempio, e in Irlanda ho avuto modo di continuare a praticare calcio arrivando a giocare nella serie C nazionale (che praticamente possiamo paragonare alla 2° categoria italiana!). Ma soprattutto in questi dieci anni ho avuto modo di mettere su famiglia. Oggi sono sposato con Araceli, spagnola di Cordoba, con la quale ci siamo conosciuti a Cork durante una sfilata in maschera a San Patrizio. Nel 2017 stavamo raccogliendo le pratiche per ottenere la cittadinanza irlandese, poi il lavoro ci ha condotto in Spagna. Due anni fa abbiamo avuto una bambina, Giulia, e da qualche tempo abbiamo anche un cane, Blanca.

Quanto è stato ‘traumatico’ lo spostamento in terra spagnola?

L’approccio è stato completamente diverso, innanzitutto a livello climatico, ma anche culturale e burocratico. In quest’ultimo caso mi riferisco in particolare modo all’attivazione dei codici fiscali, dei conti correnti e tutte quelle procedure che in Irlanda vengono condotte con maggiore efficienza. Dal punto di vista lavorativo, a Malaga ho sostanzialmente svolto le stesse attività che svolgevo per Oracle a Dublino, ovvero gestione del comparto sistemistica e server sul mercato italiano. Successivamente, con l’avvento del cloud, sono stato trasferito all’interno di un nuovo team. Oltre a questo, come al solito, ho continuato a giocare a calcio prendendo parte anche a dei tornei aziendali, alcuni anche in trasferta, dove c’era più competizione di quanto si possa credere!

Quando ti sei trasferito a Madrid?

Ho lasciato Oracle nel maggio del 2019, quando mia moglie era già incinta, per fare ingresso ad Amazon Web Services. Una decisione che non è stata presa a cuor leggero, vista anche la situazione familiare. Sono entrato in azienda dopo un ampio colloquio articolato in 5 prove, l’ultima delle quali con cinque diversi intervistatori. Fin dai primi giorni di lavoro ho cercato di spingere al massimo e fortunatamente sono ormai due anni che faccio parte di AWS. Preciso che questa azienda non ha legami con le attività più conosciute del gruppo Amazon: qui ci occupiamo principalmente di servizi cloud.

La domanda di rito sul Covid: com’è cambiata la tua vita nell’ultimo anno? Come viene gestita oggi l’emergenza in Spagna?

Dal punto di vista lavorativo è praticamente un anno che mi trovo in smart working. In questo momento in ufficio c’è un limite di presenze dovuto anche alle leggi spagnole. Personalmente preferisco il contatto diretto con le persone, e spero che con le vaccinazioni piano piano si possa tornare alla normalità da questo punto di vista. Per il resto, qua in Spagna ogni regione ha maggiore facoltà di scegliere se e come adottare delle restrizioni rispetto a quanto viene stabilito dal governo centrale: a Madrid, dove mi trovo ora, è praticamente tutto aperto mentre in altre comunidad non è possibile neppure spostarsi. Uno scenario diverso rispetto allo scorso anno, quando invece ci fu una chiusura generalizzata come in Italia. Riguardo alle vaccinazioni, qua probabilmente siamo un po’ più avanti, ma la situazione sembrerebbe essere sulla stessa linea del nostro Paese.

Appena le acque si calmeranno, altri ragazzi del Borgo cercheranno fortuna all’estero. Quali suggerimenti daresti loro?

Quando ero a Sansepolcro, con l’idea di partire per l’estero che stava maturando sempre più, mi avrebbe fatto comodo qualcuno in grado di indirizzarmi e darmi delle dritte su dove andare e cosa fare. Noi per esempio in questo momento stiamo cercando personale, e se ci fosse qualche neolaureato interessato a fare esperienza anche nell’ambito delle multinazionali possiamo tranquillamente entrare in contatto. Lavoro a parte, sarei ben felice di raccontare loro ciò che ho fatto e che sto facendo per aiutarli a muoversi ed organizzare il proprio percorso.

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