Da 25 anni i sapori della Valtiberina a Valencia

Marcello Pigolotti, titolare de “La Strega”, racconta a TeverePost l'attuale fase dell'emergenza in Spagna e spiega di non avere molta nostalgia di casa

Marcello Pigolotti

Marcello Pigolotti con la moglie Natalia

Marcello Pigolotti, da molti conosciuto come “Puntone”, è un biturgense di 57 anni, oltre la metà dei quali trascorsi in Spagna. Da 25 anni è titolare e cuoco de La Strega, ristorante e pizzeria nel cuore di Valencia.

Come sei finito a Valencia?

Le dinamiche della mia vita mi hanno portato in Spagna circa trenta anni fa. Avevo deciso di andarmene da Sansepolcro e siccome avevo degli amici ad Altea, non lontano da Alicante, decisi di andare lì. Successivamente ho conosciuto colei che sarebbe diventata mia moglie e ci siamo spostati ad Elche. Infine 25 anni fa abbiamo aperto La Strega a Valencia.

Parlavi spagnolo ed avevi esperienze nel campo della ristorazione?

Non parlavo la lingua spagnola mentre di esperienza in cucina ne avevo in forma indiretta. Mia madre ha lavorato in molti ristoranti e io stesso avevo un’infarinatura nel settore e me la cavavo in cucina. Da quando sono qui faccio tutto, sono cuoco, pizzaiolo e posso stare in sala. Con la lingua ho dovuto imparare tutto. Diciamo che a capirla si fa alla svelta, a parlarla in modo semplice ci vogliono almeno sei mesi. Per parlarla bene e soprattutto scriverla ci sono voluti diversi anni.

Che tipo di ristorante è La Strega?

In venticinque anni La Strega non è cambiata più di tanto, l’essenza è rimasta la stessa. La nostra è una cucina italiana con prevalenza di sapori della Valtiberina. Siamo nella zona di Canovas, una di quelle di maggiore movimento della città. La maggior parte dei clienti sono locali e pochi invece sono i turisti. Con me lavorano nove dipendenti e abbiamo, tra interno ed esterno, circa 150 posti a sedere. Almeno una volta all’anno capita qualcuno di Sansepolcro, in particolare quando c’è la locale maratona è capitato di ospitare tavolate di biturgensi amanti della corsa.

In trenta anni di vita nella Comunità Valenciana, come hai visto cambiare la Spagna?

L’ho vista cambiare molto, secondo me in peggio. Io mi ero innamorato della Spagna dei primi anni novanta e che oggi vedo di meno. L’integrazione europea ha fatto perdere una parte delle caratteristiche di questo popolo e del loro modo di vivere. Per fortuna resistono alcune abitudini come quella di alzarsi tardi alla mattina e vegliare fino a tardi la sera. Con i ritmi spagnoli c’è tempo per fare tutto.

Senti il bisogno di tornare a Sansepolcro?

In media ci capito una volta all’anno per trovare i parenti e salutare gli amici. Non sento più di tanto la nostalgia di Sansepolcro. Qualche giorno ce lo passo volentieri, ma oltre 4-5 giorni divento nervoso. Forse il Borgo è un poco antropofago, o ti adegui o ti mangia. Se non hai lo spirito di adeguarti è un problema grosso.

Qual è la situazione del Covid-19 a Valencia?

In Spagna il contagio è tra i più alti del mondo, così come la mortalità. Se si considera che la popolazione spagnola è inferiore a quella italiana e i casi sono stati più o meno gli stessi, questo significa che il coronavirus in Spagna ha colpito maggiormente. All’inizio le istituzioni hanno sottovalutato la problematica paragonando il Covid-19 all’influenza. Poi la possibilità di osservare quello che accadeva in Italia ha fatto aprire gli occhi. Il problema principale è che in Spagna la gente vive molto tempo per strada e convincere tutti a stare in casa non è stato semplice. Purtroppo anche se Valencia ha meno malati rispetto alle zone più colpite di Madrid e Barcellona siamo ancora in “fase zero”. Ci aspettavamo già dalla scorsa settimana di passare alla “fase uno” ed eravamo pronti ad allestire terrazze e pertinenze esterne, ma la curva del contagio ha fatto un brutto scherzo costringendoci a fermare i preparativi. Molti avevano già fatto acquisti e richiamato al lavoro i dipendenti.

Le fasi di riapertura sono provincializzate, quindi anche all’interno di una regione si potranno avere sviluppi della situazione differenti. Fase zero significa poter uscire un’ora al giorno per fare la spesa o sport, ma rimanendo a meno di un chilometro dalla propria abitazione. Nella fase uno, invece, ci si può muovere all’interno della provincia. Noi possiamo uscire di casa in base a precise fasce orarie. Lo sport si può fare dalle 6 alle 10 del mattino per un massimo di un’ora. Quelli tra le 10 e le 12 e tra le 19 e le 20 sono gli orari riservati per la spesa degli over 65. I bambini possono passeggiare con un solo genitore tra le 12 e le 19. La sera tra le 20 e le 23 gli under 65 possono uscire per passeggiare, ma dopo questo orario scatta una specie di coprifuoco.

Quali ripercussioni si hanno nel lavoro del ristorante e che tipo di sostegno ha dato il governo spagnolo?

Siamo chiusi dal 14 marzo. Da quale giorno non abbiamo alcun tipo di incasso. In teoria si potrebbe fare l’asporto ma abbiamo calcolato che non conviene stare aperti per fare dieci pizze. Se poi tutti i ristoranti fossero aperti da asporto probabilmente di pizze ne faremmo due. Noi abbiamo deciso di aspettare la completa riapertura. Tutte le attività di ristorazione sono state fermate alla vigilia delle “Fallas”, le feste di primavera che sarebbero iniziate il 15 marzo. Eravamo tutti pieni di scorte perché in quel periodo girano a Valencia tre milioni di persone, tre-quattro volte la popolazione della città. Sono due mesi che siamo costretti all’autoconsumo di tutto quello che serviva per le Fallas, oltre a regalare una parte del cibo ai dipendenti. Un vero disastro dal punto di vista economico. Al momento non siamo in grado di capire quando potrà avvenire la riapertura e in ogni caso dovremo sicuramente dimezzare la capienza del ristorante per ragioni di sicurezza. Quindi dimezzeremo gli incassi e dovremo fare investimenti per la sicurezza. Il vero impatto economico di questa epidemia noi ristoratori la vedremo quando riapriremo. La gente ha voglia di uscire ma se non ci sarà liquidità non sono in grado di capire quanti potranno andare in un ristorante. Il fatto che lavoriamo molto con la gente del posto è un buon punto di partenza visto che di turisti per un lungo periodo non ne vedremo.

Fortunatamente il Governo spagnolo si è fatto carico fin da subito del costo dei dipendenti che vengono pagati regolarmente e puntualmente attraverso una cassa integrazione temporanea. Per le imprese ci sono prestiti agevolati. Rispetto al ritardo dei pagamenti in Italia qui è andata sicuramente meglio.

Vuoi mandare un saluto a qualcuno di Sansepolcro?

Certamente, in primo luogo ai miei familiari, poi ai “Bastardi senza Gloria”, e loro sanno bene di chi parlo, ed infine a tutti coloro che accettano un saluto da Marcello.

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