Il 18 febbraio 2006 era un sabato. La giornata non fu scelta casualmente, ma in accordo tra tutti i protagonisti di un atto che segnò la storia di Sansepolcro. Per la prima e al momento unica volta da quando è stata introdotta l’attuale legge elettorale per i comuni, un sindaco sarebbe stato sfiduciato dal consiglio comunale. La conseguenza fu la decadenza di sindaco e consiglio, un breve commissariamento e le successive elezioni comunali anticipate. Come si arrivò a quella drammatica giornata e quali furono i fatti correlati? Per rispondere a questa domanda abbiamo deciso di raccontare quella seduta consiliare attraverso i verbali dei lavori.
Le elezioni del 2004
Quella tornata elettorale è stata l’unica in cui a Sansepolcro si sono presentati solo due candidati a sindaco: sia il centrosinistra che il centrodestra si presentarono uniti per la prima volta. Alessio Ugolini, avvocato con alle spalle un’importante esperienza politica, era supportato da una lista di centrosinistra con all’interno Ds, Margherita, socialisti, repubblicani, Comunisti italiani e Udeur e da una seconda lista, quella di Rifondazione Comunista. Sull’altro fronte debuttava il professor Franco Polcri, sostenuto da una lista unitaria di centrodestra e da quella di Viva Sansepolcro.
I risultati delle coalizioni furono netti, con un 56% a 44% a favore del centrosinistra. Il fenomeno del voto disgiunto condizionò però il dato tra i due sindaci: circa un 6% di elettori del centrosinistra votarono il candidato Polcri, portando quasi al pareggio. Alla fine prevalse Ugolini (50,2%) per una manciata di voti. Il risultato fu oggetto di un successivo ricorso al Tar, ma il riconteggio delle schede ritoccò di poco il risultato. All’epoca il consiglio comunale era composto da venti consiglieri, dodici andarono ai vincitori e otto agli sconfitti. La lista del centrosinistra (35%) elesse otto consiglieri che dopo alcune nomine ad assessori portarono la compagine ad essere formata da quattro Ds, due Margherita, un socialista e un repubblicano indipendente. Completavano la maggioranza quattro consiglieri eletti da Rifondazione Comunista (la cui lista aveva raggiunto il 21%). La minoranza consiliare era formata da quattro consiglieri di Viva Sansepolcro, compreso il candidato a Sindaco Polcri (18%) e quattro del centrodestra (26%), dei quali due in quota Forza Italia e due di Alleanza Nazionale.
La giunta venne formata dal sindaco Alessio Ugolini (Ds), il vice Giovanni Bianconi (Margherita), Michele Boncompagni (Ds), Massimo Canosci (Margherita), Stefano Proietti (Udeur), Cesare Farinelli (repubblicani), Paolo Leonessi (Rifondazione), ai quali si aggiunse ad ottobre Francesco Valori (Rifondazione). Otto persone e tutti uomini, cosa oggi non più permessa dalle normative.
Prima del 18 febbraio
Si arrivò alla seduta consiliare dopo travagliate vicende iniziate nell’ottobre precedente, che videro come epicentro politico l’astensione del gruppo consiliare di Rifondazione Comunista alla votazione conclusiva per l’adozione del Piano strutturale di Sansepolcro. Il Piano venne comunque approvato per un voto. Tre giorni dopo il sindaco revocò deleghe e incarico ai due assessori in quota Rifondazione Comunista. Seguirono mesi di trattative senza risultati e gestione dell’ordinaria amministrazione fino al 23 gennaio, quando i quattro consiglieri comunisti firmarono una mozione di sfiducia al sindaco Ugolini assieme ai quattro consiglieri di Viva Sansepolcro. La legge prevedeva che la mozione fosse firmata dai due quinti dei consiglieri assegnati e dovesse essere portata in consiglio comunale tra i dieci e i trenta giorni dopo la presentazione. La scelta della conferenza dei capigruppo cadde sul 18 febbraio anche per lasciare tempo a una trattativa. I tempi permisero inoltre di non portare un eventuale commissariamento fino alla primavera del 2007 (solo i consigli comunali sciolti entro il 24 febbraio potevano infatti andare al voto nella tornata del 2006).
Il 2 febbraio il Sindaco Ugolini rassegnò le proprie dimissioni. Fu un atto di apertura dato che la legge consente il ritiro delle stesse dimissioni entro venti giorni. Ugolini nel corso della conferenza stampa indetta quel giorno ribadì che l’unica maggioranza possibile era quella uscita dalle urne, rigettando l’idea di tentare di costruire una nuova compagine politica con il sostegno di altri consiglieri.
Il dibattito consiliare
Nei giorni precedenti al 18 febbraio, il consigliere d’opposizione Ferdinando Mancini fu colpito da un serio malore che gli avrebbe impedito di partecipare alla seduta. Si ebbe pertanto un patto d’onore con il consigliere Mario Romanelli, capogruppo del centrosinistra, che diede la propria parola: se il voto di Mancini fosse stato decisivo ai fini dell’approvazione della mozione, lui stesso avrebbe votato al suo posto.
La seduta ebbe inizio alle ore 9.15. Unico punto all’ordine del giorno la mozione di sfiducia. Per l’intera giornata fu presente un folto pubblico. Il consiglio comunale era all’epoca presieduto da Guido Guerrini (PRC), tra i firmatari della mozione. Il dibattito fu preceduto dalla lettura del documento da parte di Franco Zoi, capogruppo di Rifondazione Comunista, e di Franco Polcri di Viva Sansepolcro. Il primo ad intervenire fu Gianni Gorizi, in quota Forza Italia, che oltre a criticare l’atteggiamento irresponsabile di Rifondazione respinse le voci secondo le quali il suo voto e quello del collega Vergni potessero in qualche modo salvare il sindaco dalla mozione di sfiducia. L’esperto consigliere fece dono di un libro di Marco Tullio Cicerone, il Commentarariolum petitionis (Manualetto di campagna elettorale) sia al Sindaco Ugolini che al presidente Guerrini. Seguì l’intervento di Franco Polcri che ricordò che Cicerone alcuni anni dopo scrisse anche In Verrem (Verrine) dedicato alla corruzione e ai corrotti, facendo allusioni a problematiche legate al tema del sospetto che potevano esserci dietro alla fine dell’amministrazione comunale.
Valerio Vergni, vicepresidente del Consiglio Comunale in quota Forza Italia, ripercorse la storia delle varie problematiche di rapporti politici che caratterizzarono fin dall’inizio l’amministrazione Ugolini, mentre Michele Foni, di Viva Sansepolcro, criticò severamente l’operato della compagine governativa. Adriano Falconi dei Democratici di Sinistra difese il sindaco, l’amministrazione e la bontà del Piano strutturale. Mario Romanelli, capogruppo del centrosinistra e membro dei Ds, difese la più volte messa in discussione moralità del proprio partito e criticò il fatto che il Prc non fosse ancora intervenuto. Simone Mercati di Alleanza Nazionale raccontò di una maggioranza mai coesa e di responsabilità politiche sulla mancata attuazione del programma elettorale di Ugolini.
Franco Mollicchi, socialista, fu uno di coloro che si impegnò di più nei tentativi di mediazione che precedettero la giornata del 18 febbraio. Durante la seduta espresse rammarico per quello che stava succedendo e criticò il modo di fare politica dell’opposizione, che non considerava corretto, e rimproverò la mancanza di cultura di governo Rifondazione. Anche Gianni Chiasserini, repubblicano indipendente, si chiese se oltre alle responsabilità dei comunisti ci fosse stata anche una scarsa capacità di trattare da parte del resto del centrosinistra. Il più volte richiesto intervento di Rifondazione avvenne per bocca di Guido Guerrini, che ripercorse la storia dell’amministrazione partendo dal sorprendente dato elettorale che il proprio partito aveva avuto alle elezioni, secondo lui sottovalutato dal resto della maggioranza. Il presidente del consiglio si soffermò sulle osservazioni al Piano strutturale che incrementavano l’edificabilità, votate dal centrosinistra assieme ai due consiglieri di Forza Italia, che sul tema aveva rimpiazzato i voti di Rifondazione. Guerrini difese la scelta di astenersi in ottobre sul Piano strutturale, permettendo comunque all’iter dello strumento urbanistico di proseguire. Ribadì che la crisi della maggioranza era iniziata all’indomani di quel voto con la revoca delle deleghe agli assessori comunisti Leonessi e Valori. Sostenne che l’azzeramento della giunta e successiva rinomina con persone diverse poteva essere un gesto forte e utile per permettere a Rifondazione di non votare la mozione di sfiducia. Criticò coloro che avevano proposto di andare avanti con l’amministrazione Ugolini sostituendo Rifondazione con i due voti di Forza Italia.
Riccardo Marzi, all’epoca membro di Alleanza Nazionale, ricordò che la crisi della maggioranza era iniziata il giorno stesso delle elezioni con l’anomalo risultato. Criticò il lavoro dell’amministrazione nei diciotto mesi di vita ed infine manifestò rammarico per la conclusione dell’esperienza amministrativa di molti giovani che si erano affacciati a questa esperienza politica. Fabio Canicchi della Margherita disse che probabilmente l’alleanza tra centrosinistra e sinistra era nata in modo prematuro e difese la moralità dell’amministrazione quasi uscente. Francesca Piccini di Rifondazione rispose alla critica secondo cui il proprio gruppo era privo di cultura di governo e sottolineò che i colleghi dell’ex maggioranza non avevano creduto troppo nel lavoro delle commissioni degli ultimi giorni per cercare di salvare un’esperienza amministrativa che però aveva pensato quasi sempre all’economia e poco al sociale. Gabriele Alunno Pergentini dei Democratici di Sinistra ribadì il proprio dissenso nei confronti degli interventi degli esponenti di Rifondazione e manifestò il proprio sostegno al sindaco.
L’ultimo a parlare nella lunga mattinata fu il primo cittadino Alessio Ugolini, che parlò del proprio coinvolgimento e amore verso la città sul piano politico e umano. Ribadì con una lunga e dettagliata panoramica il buon lavoro svolto dalla propria amministrazione, sottolineando il risultato dei dieci milioni di euro portati con il Contratto di quartiere e di un Piano strutturale dalle lunghe vedute dal punto di vista della programmazione e crescita della città. Espresse fino all’ultimo la volontà di disinnescare la crisi e chiese a tutti i consiglieri di votare contro la mozione e il commissariamento del comune.
Le dichiarazioni di voto
Il consiglio comunale fu quindi sospeso per un’ora e mezza. In quei novanta minuti ci fu un ultimo tentativo di mediazione che non diede esito positivo. Il pomeriggio vide in scena le dichiarazioni di voto, con la possibilità per un consigliere di ogni gruppo consiliare di poter intervenire. Gorizi, forse come mossa ostruzionistica, fece notare l’anomalia che un firmatario della mozione di sfiducia potesse presiedere il consiglio comunale. Il presidente Guerrini accettò di essere affiancato dal vice Vergni senza interrompere la seduta. Gorizi fu nuovamente il primo a parlare, criticando il sindaco Ugolini per non aver mai accettato la proposta di chiedere soccorso al consiglio comunale. Fu ribadito che sarebbe bastata una proposta e si sarebbe potuto spostare il baricentro della maggioranza. Un’ennesima critica fu rivolta sia a Rifondazione Comunista che a settori dei Ds per aver in qualche modo avallato questa crisi.
Franco Polcri lesse un lungo documento con al centro l’incapacità politica dell’ex maggioranza e la questione morale. Anche Franco Zoi lesse un corposo testo che ripercorse tutte le tappe della crisi, dalle maggioranza variabili sulle osservazioni al piano strutturale fino alla richiesta di azzerare la giunta municipale per ricominciare una trattativa nella quale Rifondazione non avrebbe chiesto più poltrone o deleghe. Marco Masala espresse la sua amarezza per questo finale di mandato a soli diciotto mesi dalla elezioni, rivendicando che la Margherita aveva più volte cercato la mediazione tra Ds e Prc. Riccardo Marzi ricordò come la fine dell’amministrazione fosse già auspicabile molto prima della mozione, dato il fallimentare modo di procedere nei diciotto mesi. Mario Romanelli sottolineò a sua volta il fallimento politico che tutti stavano vivendo e la frenata che la città avrebbe presto vissuto, ribadendo le proprie critiche a Rifondazione e al sostegno trasversale alla mozione.
L’ultimo intervento fu di Alessio Ugolini, che ringraziò tutti i suoi assessori, i consiglieri, i propri collaboratori e i dipendenti comunali. Confessò di essersi molto arricchito umanamente durante il mandato ed espresse la propria amarezza per la giornata vissuta. Prima della votazione ci fu una seconda sospensione dei lavori, ma ormai senza ulteriori tentativi di trattativa.
Il voto
Per essere approvata, la mozione di sfiducia doveva avere il voto della maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati con l’esclusione del sindaco. Di conseguenza il quorum era di undici voti. Unico assente giustificato era Ferdinando Mancini, mentre il sindaco non prendeva parte al voto.
All’appello i consiglieri risposero nel seguente ordine e nel seguente modo: Masala Marco (No), Alunno Pergentini Gabriele (No), Mollicchi Franco (No), Canicchi Fabio (No), Chiasserini Gianni (No), Falconi Adriano (No), Alberti Angela (No), Zoi Franco (Sì), Guerrini Guido (Sì), Del Furia Brunella (Sì), Piccini Francesca (Sì), Polcri Franco (Sì), Marzi Riccardo (Sì), Vergni Valerio (Sì), Gorizi Giovanni (Sì), Mercati Simone (Sì), Foni Michele (Sì), Frullani Marco (Sì), Romanelli Mario (No). Romanelli fu l’ultimo a votare per il patto d’onore concordato con Mancini.
Ci furono quindi 19 votanti, 11 voti a sostegno della mozione e 8 contro. Quorum raggiunto e mozione approvata. L’ultimo atto della giornata fu l’invio in Prefettura del verbale della seduta consiliare. Alle 18.30 finì tutto.
Gli eventi successivi
Già lunedì 20 febbraio arrivò a Sansepolcro il dottor Lorenzo Abbamondi, il commissario Prefettizio che avrebbe guidato la città fino all’elezione del nuovo sindaco. Abbamondi, nel suo breve periodo da commissario, ha lasciato un buon ricordo in città. A lui si deve la coraggiosa iniziativa di rivendicare come proprietà comunale parte degli ex magazzini dei tabacchi situati nella zona di Porta Romana. Le elezioni del 2006 videro la vittoria di Franco Polcri, supportato da una coalizione composta dal centrodestra e dalla lista civica Viva Sansepolcro, che sconfisse i candidati del centrosinistra e di Rifondazione Comunista, che si erano presentati separatamente e che non trovarono un accordo neanche in occasione del turno di ballottaggio. Quella frattura tra le forze di centrosinistra a Sansepolcro, da quindici anni a questa parte, non ha per il momento ancora trovato una ricomposizione.