I due mesi dall’inizio di quella che in Russia continua ad essere chiamata “Operazione militare speciale” hanno coinciso con la Pasqua ortodossa celebrata sia a Mosca che a Kiev. Nel frattempo si avvicina il 9 maggio, quello che in Russia e molti stati post-sovietici è chiamato il Giorno della Vittoria, che ricorda la capitolazione tedesca e la sconfitta del nazismo. La data ha dei richiami molto simbolici con la situazione in atto e c’è attesa di capire se potrebbe rappresentare la conclusione del conflitto o un semplice giro di boa. Nel frattempo, oltre al sottoscritto, sono molti gli italiani che continuano a vivere in Russia una strana quotidianità. In realtà, almeno fino ad oggi, non è cambiato molto rispetto a prima del 24 febbraio, e le restrizioni di viaggio legate alla crisi internazionale hanno più o meno sostituito quelle che si sono vissute negli ultimi due anni a causa della pandemia. Proviamo a fare il punto della situazione, anche per sfatare alcune impressioni che si hanno in Italia, su quello che accade a Mosca e nelle altre città russe.
Viaggiare all’interno e all’esterno della Russia
All’interno non vi sono limitazioni in atto se non che per questioni di sicurezza continuano ad essere chiusi molti aeroporti del sud del paese, quelli più a ridosso del confine ucraino. Le stesse città non servite da aerei possono essere raggiunte in treno o in autobus. Per il resto ogni angolo del Paese più vasto del mondo continua ad essere raggiungibile, compresa la regione di Kaliningrad, verso la quale gli aerei sono costretti a fare un impegnativo giro sopra il mar Baltico evitando gli spazi aerei chiusi dell’Unione Europea.
Proprio verso l’Europa ci sono le maggiori difficoltà logistiche, che oltre a colpire i russi creano problemi soprattutto ai cittadini europei che devono muoversi tra la Russia e il paese di origine. Al momento non esiste alcun collegamento aereo tra Russia ed Unione Europea. Le uniche nazioni del vecchio continente che continuano a volare sulle principali città russe sono la Serbia e, sembrerebbe a breve, anche Moldavia e Albania.
È possibile arrivare in Europa anche attraverso la gettonatissima Turchia oppure Israele, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Qatar e Marocco. Un viaggio andata e ritorno con queste soluzioni non costa mai meno di 500-1.000 euro contro i 300-400 di prima della crisi. Per chi vuole risparmiare c’è la possibilità dei voli interni russi su San Pietroburgo o Kaliningrad, per poi proseguire in autobus verso Finlandia, Estonia e Polonia e da lì prendere un volo verso casa.
Regolari i collegamenti da e per il resto del mondo ad esclusione di Usa, Canada, Corea del Sud, Giappone e Australia. Più problematico per le compagne aeree europee viaggiare verso Pechino, Tokyo o Seul aggirando lo spazio aereo russo. Sui mezzi di trasporto russi non si registrano particolari aumenti di costi, come del resto è rimasto immutato il prezzo di benzina, gasolio, gpl o metano.
Banche, rublo, carte di credito e rischio bancarotta
Come ricordato in precedenza, le principali banche russe sono controllate direttamente o indirettamente dallo Stato. All’inizio delle crisi militare il tasso di interesse da parte della Banca Centrale era stato portato fino al 20% e poi abbassato al 17%, che è comunque circa il doppio di quello in vigore in precedenza. Di conseguenza tutte le banche hanno offerto ai correntisti tassi di interesse attorno al 21%, che fino ad oggi vengono puntualmente pagati. Le code al bancomat dei primissimi giorni restano un ricordo, come la mancanza di liquidità che in questi primi due mesi non c’è stata. Alcune banche pagano interessi del 2 o 3% sui conti in dollari o euro, cosa che in passato non accadeva. Resta il problema della transazioni internazionali che possono avvenire solo attraverso le banche non sanzionate o tramite operatori privati. L’aumento del tasso di interesse si ripercuote sui costi dei mutui e finanziamenti? Solo in parte, perché per una vasta categoria di persone intervengono aiuti statali che abbattono la percentuale di interesse come, ad esempio, in caso di acquisto dell’abitazione.
La vicenda del rublo è assai singolare. Fortemente svalutatosi nelle prime settimane dopo l’attacco all’Ucraina, ha lentamente recuperato terreno per posizionarsi ad un tasso di cambio migliore rispetto al 24 febbraio sia contro il dollaro che contro l’euro. Secondo alcuni economisti in questa ripresa ci sarebbe lo zampino della Banca Centrale che avrebbe comprato rubli per alzarne la domanda, oltre ad alcune operazioni difensive come quella di far pagare le esportazioni in valuta locale e di trasformare parte delle riserve delle grandi aziende in moneta russa. Di fatto sono molti coloro che hanno avuto il coraggio di comprare rubli quando il loro valore era quasi dimezzato rispetto ad oggi, quasi raddoppiando il capitale investito in un tempo limitato. Da alcune settimane il rublo ha mantenuto una certa stabilità e le banche hanno usato i propri tassi di cambio in modo prudenziale vendendo e comprando moneta con margini anche del 10% sul tasso ufficiale rispetto al 2 o 3% del passato. Al momento in cui scriviamo questo articolo la moneta russa è scesa sotto gli 80 rubli per ogni euro, un dato che non si osservava da quasi due anni.
Le carte di credito rilasciate in Russia continuano a non funzionare al di fuori della Federazione Russa. Andrà compreso cosa succederà via via che raggiungeranno la data di scadenza. Le carte di credito estere emesse da alcuni dei circuiti internazionali più noti non funzionano in Russia, ad eccezione del cinese UnionPay e del russo Mir.
Nei media occidentali si legge spesso che appena le riserve economiche della Banca Centrale russa si esauriranno crollerà l’economia russa. Circa metà di queste riserve sono al momento bloccate in banche di Paesi occidentali, quindi la Russia disporrebbe solo della parte rimasta all’interno del Paese e di quella su banche cinesi. Non è chiaro se e quanto in questi due mesi sia stato bruciato di queste riserve, poiché il flusso di denaro verso la Russia continua a pieno ritmo grazie all’esportazione di petrolio, carbone e gas che, per il momento, non ha subito cali considerevoli. Il rischio del default dello Stato è per lo più teorico, poiché il debito estero che la Russia deve ancora finire di pagare è una cifra inferiore al valore di quanto è bloccato nelle banche dei Paesi occidentali. Se il blocco delle riserve continuerà a lungo si arriverà ad un braccio di ferro con la Russia che esigerà di pagare il debito con i fondi bloccati, creando una situazione bizzarra poiché dimostrerà di possedere soldi di fatto già in mano agli stessi creditori.
Per fare un paragone con l’Italia, dove il debito pubblico è circa il 150% del prodotto interno lordo, in Russia il debito è circa il 17% del Pil. Quando si confronta il livello della qualità della vita in Italia o in Russia raramente si tiene conto del fatto che negli ultimi venti anni la Russia è riuscita progressivamente e con notevoli sacrifici ad annullare il grosso indebitamento maturato negli ultimi anni dell’Unione Sovietica e nel primo decennio della Russia.
Prezzi, negozi e centri commerciali
Negli ultimi due mesi è sicuramente aumentata l’inflazione anche in Russia. I motivi sono in parte gli stessi che hanno portato ad un aumento dei prezzi nel mondo occidentale e in parte differenti. Relativamente ai prodotti di importazione dall’estero in un primo momento la svalutazione del rublo ha portato ad un’impennata dei prezzi, successivamente ammorbidita dal recupero della moneta. Il maggior costo del denaro ha avuto sicuramente una ricaduta in alcuni prezzi e particolarmente nello zucchero e in tutto ciò che è legato a questo prodotto, come i dolci. Pasta, riso e il molto diffuso grano saraceno hanno avuto un aumento del prezzo esattamente come sta accadendo in Europa. Altri aumenti sono dovuti al fatto che alcuni beni oggetto di sanzioni continuano ad arrivare triangolati attraverso paesi terzi, aumentando di fatto il prezzo finale.
Passeggiando nei centri commerciali si nota come alcune catene di negozi stranieri continuino a restare chiuse, ma allo stesso tempo altre stanno riaprendo, come nel caso di Zara e Ikea. Molti marchi di abbigliamento italiani non hanno mai chiuso. Nel campo delle catene di ristorazione veloce è emblematico il caso di McDonald’s, chiuso in molte città ma non in tutta la Russia, dove gli accordi di franchising non permettono al colosso americano di obbligare ad abbassare le saracinesche. Del resto i concorrenti Burger King e Kfc non hanno mai avuto la minima intenzione di fermare la vendita dei propri prodotti. Nel mondo della tecnologia la maggior parte delle attività in un primo momento chiuse hanno ricominciato a vendere, una volta constatato come le loro fette di mercato stavano velocemente passando in mano cinese. Anche le aziende che ufficialmente non vogliono continuare a stare sul mercato russo, lo fanno con atteggiamenti solo di facciata. Molte di queste favoriscono l’uso delle proprie filiali nel vicino Kazakistan per continuare ad essere nel mercato russo, sebbene in modo non ufficiale.
Sport e politica
Come già sottolineato in precedenza, nei primi giorni successivi al 24 febbraio fu la quasi unanime presa di posizione delle federazioni sportive internazionali a turbare molti cittadini russi. Sembrava incomprensibile come l’esclusione dalle Paraolimpiadi di Pechino e delle rappresentative nazionali e di club dalle competizioni potesse in qualche modo essersi concretizzata, nonostante questo non fosse quasi mai successo in precedenza. Questa è stata letta come una posizione precostituita contro Russia e Bielorussia da parte di chi controlla le federazioni sportive. A farne le spese, nelle squadre di club russe, anche molti stranieri tra cui italiani che si sono visti impossibilitati a proseguire il proprio cammino nelle competizioni internazionali. Le grosse risorse economiche che le grandi realtà come Gazprom riversavano nelle competizioni internazionali potranno essere dirottate nei campionati nazionali che già oggi in realtà sono competizioni internazionali, dato che ospitano squadre dello spazio post sovietico e in alcuni casi anche di Cina e Finlandia (nell’hockey) o polacche ed estoni (nel basket, queste ultime ritiratesi dopo l’inizio del conflitto). Il tennis e l’automobilismo hanno fatto la scelta di far gareggiare gli atleti russi e bielorussi senza la bandiera del proprio Paese, ma a complicare le cose c’è stata la presa di posizione degli organizzatori del torneo britannico di Wimbledon che non permetteranno la partecipazione degli atleti provenienti da Russia e Bielorussia. La cosa è paradossale anche per il fatto che nel mondo dello sport non sono poi molti coloro che abbiano espresso pubblico sostegno a quello che sta accadendo.
Capitolo a parte la merita la politica. Le continue voci e analisi di ogni video o fotografia per individuare presunte malattie del presidente russo Vladimir Putin sono una della cose più assurde secondo i media russi, che a loro volta, pur senza particolari approfondimenti specialistici, trasmettono quello che quasi quotidianamente combina il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, di fatto sostenendo come in Occidente ci si ostini a cercare criticità nella classe dirigente di Mosca ignorando le problematiche che l’uomo più potente del mondo dimostra in ogni occasione pubblica. Neppure l’eccentricità e le vicende personali del Primo ministro inglese Boris Johnson passano inosservate nei media russi, portando di fatto molte persone a pensare che i Paesi più potenti del mondo siano governati da gente fuori di testa. Quasi ignorati personaggi considerati secondari come la classe dirigente italiana o europea. Maggior rispetto viene dimostrato per il francese Macron e per il tedesco Scholz, seppure in modo piuttosto palese quest’ultimo venga messo in competizione con la sua più brillante predecessora.
Infine non sfugge al giudizio l’operato del presidente ucraino Zelens’kyj del quale viene ricordato continuamente il suo essersi affermato grazie alle sue attività di comico e produttore cinematografico in lingua russa e verso la Russia, e di aver vinto le elezioni presidenziali contro il rivale Porošenko riuscendo ad attirare a se, in occasione del ballottaggio, i voti di larga parte della popolazione filorussa promettendo una risoluzione pacifica del conflitto in corso dal 2014. Zelens’kyj viene considerato alla stregua di un tossicodipendente e non mancano occasioni di profonda analisi di quello che pubblica sui propri canali social e che rafforzano questa convinzione.
I russi a due mesi dal 24 febbraio
Non è una questione semplice da analizzare e non è affatto giusto generalizzare. Sondaggi effettuati anche da istituti che non hanno particolare amicizia nei confronti del Cremlino confermano che la maggior parte della popolazione sostiene l’operato della classe dirigente e che c’è fiducia nelle misure economiche messe in atto per contrastare le azioni di quella parte di mondo che sta cercando di isolare la Russia. Nella narrativa dei media russi è fondamentale sottolineare come la gran parte del mondo continui ad avere rapporti economici e commerciali con Mosca e come sotto molti aspetti è l’Occidente stesso ad autoisolarsi o addirittura a fare scelte economiche dannose per la propria popolazione. Tra queste l’acquisto del molto più costoso gas dagli Stati Uniti o la ricerca di altri complessi canali di approvvigionamento. L’intervento in Ucraina è sostenuto da quattro russi su cinque e la maggior parte delle popolazione ormai auspica che si arrivi ad una soluzione definitiva e non ad un compromesso che porterebbe a nuovi problemi nel futuro. Il piccolo mondo con cui mi confronto quotidianamente o semplicemente quello che ascolto in autobus o in metropolitana mi conferma il sentore dei sondaggi.
L’ipotesi che il conflitto possa concludersi con il solo riconoscimento della Crimea e del Donbass sembrerebbe uno scenario ormai superato da parte di Mosca. Più che un banale aumento di appetito è la conseguenza del rifiuto ucraino a trattare sulle basi della situazione di fatto sul campo di battaglia. Ogni settimana che passa la situazione è diversa ed è impossibile un ritorno ai punti di partenza dello scorso febbraio. Quotidianamente viene mostrato cosa sta facendo la Russia nelle zone occupate, mettendo l’accento sugli aiuti umanitari ed economici e sul ripristino della normalità della vita, oltre che dei monumenti dedicati alla Seconda guerra mondiale. Se il tricolore russo viene issato nei palazzi pubblici, la bandiera rossa di epoca sovietica è molto presente nei luoghi della memoria storica. Assieme a questo ci sono le testimonianza di coloro che scappano dalla guerra e che raccontano le angherie subite dagli ucraini. Questo è naturalmente l’esatto opposto di quello che si ascolta nei media occidentali, dove viene data visibilità solo a chi scappa verso Occidente e si etichetta come deportazione la scelta di chi va verso la Russia.
Uno dei temi che rende basiti i russi è la demolizione della memoria, soprattutto relativa ai fatti della Seconda guerra mondiale. L’eliminazione dei monumenti a ricordo della “Grande guerra patriottica” in Ucraina, ma anche nella vicina Polonia, viene percepito come un’offesa ai ventisei milioni di morti che l’Unione Sovietica ha avuto per liberare l’Europa dal nazismo. Assieme a questo non mancano di essere evidenziati gli episodi di “russofobia” verso i cittadini russi che vivono all’estero, e anche verso la cultura e la tradizione russa. Infine, relativamente alle posizioni politiche di parti dell’esercito di Kiev, come il noto Battaglione Azov, non è considerato comprensibile come l’Europa e gli Stati Uniti non prendano le distanze dalle posizioni politiche e dalla controversa storia fatta anche di crimini contro la popolazione ucraina russofona da parte dei militanti di questa organizzazione paramilitare.
La Russia è convinta di dover portare in fondo una missione per sradicare questi atteggiamenti contro sé stessa e il proprio popolo e c’è la convinzione che qualsiasi peggioramento della qualità della vita potrebbe essere un costo accettabile da pagare per raggiungere il risultato, anche se ci volesse più tempo del previsto. Se in Europa c’è la convinzione che i funerali dei soldati russi possano essere nel medio periodo un elemento che potrebbe generare difficoltà al sistema politico russo, va detto che per il momento questo non avviene. Spesso le esequie dei soldati diventano occasioni pubbliche di sostegno all’azione militare.
Quelli che vengono dipinti in occidente come possibili crimini di guerra da parte dell’esercito russo o delle due Repubbliche popolari vengono spesso etichettati come messe in scena, ribadendo che se ci fosse stata l’intenzione di non tenere conto delle vite dei civili l’approccio al conflitto sarebbe stato completamente differente e molto più impattante. Su Buča viene annunciata la massima disponibilità a collaborare a qualsiasi inchiesta internazionale indipendente, nella convinzione di poter dimostrare l’estraneità ai fatti e del fatto che la maggior parte delle vittime civili presenti nelle fosse comuni siano frutto di azioni militari ucraine. Allo stesso modo viene rinfacciato all’Occidente di non tenere mai conto delle stragi conseguenti ai bombardamenti ucraini nei territori sotto il controllo delle Repubbliche popolari di Doneck e Lugansk.