Chiara Andreini è segretaria del Partito Democratico di Sansepolcro e consigliere comunale del gruppo PD-InComune. Nella scorsa legislatura è stata assessore a cultura, turismo e commercio nella Giunta guidata da Daniela Frullani. TeverePost l’ha incontrata ieri pomeriggio.
Dal punto di osservazione dell’assessore prima e del consigliere di opposizione poi, quali sono secondo te le principali differenze di approccio alla gestione della cosa pubblica da parte dell’amministrazione Frullani e dell’amministrazione Cornioli?
Nelle Giunta Frullani, a parte Daniela, eravamo tutti alla prima esperienza amministrativa e ci siamo avvicinati alla complessità dell’amministrare con grande umiltà, cercando soprattutto all’inizio di capire le procedure e i confini di quello che è possibile e che non è possibile. L’approccio dell’amministrazione Cornioli è stato invece baldanzoso, per non dire quasi prepotente: si pensava che tutto fosse facile, immediato, veloce. Poi la dura realtà ha preso il sopravvento e adesso la narrazione è quella dei piccoli passi, “vediamo”, “aspettiamo”, “i soldi non ci sono”, perché tra quello che uno immagina dall’esterno e quello che invece è possibile c’è una grande distanza.
L’altra differenza, che riguarda più me, è che quando sei assessore hai la possibilità di far passare le tue idee, i progetti, avere un ruolo più attivo. Il consigliere di opposizione ha un ruolo di pungolo, di critica, ma la proposta è più marginale ed è più importante l’aspetto di controllo. Noi abbiamo cercato il più possibile di dare collaborazione, ma nella prima fase del mandato il nostro contributo è stato completamente ignorato. Adesso, in questa fase di grande difficoltà e di grande crisi, l’atteggiamento è differente, anche perché forse si sono resi conto che una comunità per essere coesa ha bisogno di tutti, e quindi anche il clima in Consiglio comunale è diverso.
Nello specifico delle deleghe che gestivi come assessore, cosa è cambiato con questa legislatura?
Parto dal commercio, che è uno dei settori vitali di questa città. Il nostro centro storico, oltre ad avere le bellezze artistiche, è vivo perché le persone ci lavorano, decidono di passare qui una serata, di mangiare. Spente le luce di negozi, bar e ristoranti, il centro storico muore. Il sindaco ha puntato molto sul rapporto con i commercianti, ma più con il singolo che con il gruppo. Per seguire un comparto così importante c’è bisogno di un’attenzione continua. Io avevo deciso di incontrare l’assemblea dei commercianti minimo tre volte l’anno. Venivano veicolate le nostre idee e ricevute le proposte di ognuno. Erano momenti a volte anche tesi, mi ricordo la vicenda dei parcheggi a pagamento, che sappiamo bene essere stata una cosa montata ad arte. Ma il confronto diretto era molto importante per capire il polso, senza delegittimare il ruolo dei rappresentanti dei commercianti. Adesso vedo scarsa partecipazione e molta delega, perché è un settore difficile da seguire, dove ci sono esigenze differenti. Tutta una serie di piccole e grandi iniziative che avevamo avviato si sono dissolte perché non c’era la possibilità, la voglia o il tempo per proseguirle, e questo un po’ dispiace.
Sul fronte turismo e cultura, io sono fortemente in contrasto con la gestione del Museo così come è stata delegata, senza un progetto: non è un problema dare in appalto esterno la gestione del bookshop o della biglietteria, ma qui è stata data in appalto la proposta culturale. L’esperienza dell’Istituzione museo-biblioteca, che non poteva andare avanti nella formula che aveva, con un suo bilancio, poteva però essere integrata all’interno del Museo o della Fondazione, destinando una parte del bilancio del Comune per un tipo di gestione culturale che facesse crescere la nostra città. Noi ospitiamo delle mostre senza un progetto complessivo. Sono mostre decise dal gestore che spesso e volentieri servono per mantenere il biglietto del Museo a dieci euro, visto che senza mostre ne costa otto. Anche l’aumento delle visite al Museo è dovuto soprattutto all’incremento dei fruitori di gratuità, di coloro cioè che partecipano alle iniziative gratuite all’interno del Museo: quindi anche l’aspetto di traino di queste mostre lo vedo fino a un certo punto. Insomma un importante pezzo della nostra storia è fuori dal controllo del Comune. Noi avevamo presentato un ordine del giorno per migliorare alcune storture del bando, per esempio con l’introduzione di un comitato scientifico a cui dare poteri di indirizzo rispetto alla proposta culturale. Questo comitato si è riunito due o tre volte poi se ne è persa traccia, perché è un meccanismo molto complesso e soprattutto perché è un comitato senza portafoglio, senza un budget per proporre pubblicazioni, eventi, convegni.
Manca meno di un anno alle elezioni amministrative: come si sta preparando il Partito Democratico?
Il Partito Democratico ha vissuto fasi critiche in questi anni, subendo due scissioni, però resta l’unico partito strutturato dell’arco costituzionale e continua ad esistere, ad essere al Governo, traghettando questo paese in uno dei momenti più complessi della sua vita, quindi sostanzialmente è in buona salute. Qui a Sansepolcro ci stiamo preparando prima di tutto coinvolgendo gli attori politici più vicini a noi, quindi le forze alleate del Partito Democratico al Governo e le forze di centrosinistra, e mi riferisco a Italia Viva e Articolo 1, con cui abbiamo intrapreso già un cammino in vista delle regionali e poi delle amministrative.
Ci prepariamo inoltre con le proposte in Consiglio comunale, per esempio abbiamo chiesto la possibilità di avere un tavolo permanente per la ripartenza del nostro territorio, a cui partecipiamo fattivamente. E poi c’è l’apertura alla città, all’ascolto, al capire quali sono le esigenze, quali sono le fasce di popolazione rimaste un po’ ai margini. L’amministrazione comunica molto i propri successi, ma ci sono intere fasce della popolazione che sono rimaste inascoltate, e forse avevano votato la proposta Cornioli proprio perché volevano un cambiamento, un’attenzione. Si tratta anche di una parte importante del mondo economico, che però non ha avuto nessun tipo di risposta.
Quali sono le tue sensazioni rispetto allo scenario delle prossime elezioni? Ci saranno le stesse coalizioni di quattro anni fa? L’attuale sindaco si ripresenterà?
Sì, credo che si voglia ricandidare, che stia cercando di tenere più vicino possibile le forze civiche che hanno portato avanti la sua proposta. Molto probabilmente non avrebbe disdegnato una candidatura alle Regionali che forse non è arrivata. Questo lo dico senza nessun tipo di dato, ma mi hai chiesto sensazioni e su questo rispondo. Si vuole ricandidare se tutte le forze continueranno a sostenerlo, questa penso sia la sua attesa. Però una proposta civica in questo momento secondo me diventa un po’ complessa, c’è una forte politicizzazione del panorama politico che quattro anni fa era molto minore.
Per la vostra parte, quando pensate che sarà il momento giusto per individuare un candidato sindaco?
In questo momento stiamo lavorando sui programmi, perché per governare una città bisogna avere le idee molto chiare su cosa poter fare e su cosa puntare. Io penso che in questi anni sia mancata molto questa visione: capire quali sono i reali bisogni e andare dritti su quelli, altrimenti si viene presi dal “giorno per giorno” e le energie si disperdono.
Il Partito Democratico non è al governo di nessuno dei Comuni del territorio. State provando a fare un lavoro complessivo a livello di vallata?
Sì, durante l’anno ci incontriamo sempre su temi e questioni. Adesso ci stiamo incontrando sulle elezioni regionali, cercando anche di sollevare i temi più importanti per il nostro territorio riguardo a sanità, sociale, infrastrutture, e farli diventare parte integrante del programma del candidato Eugenio Giani. Questo lavoro è fondamentale, perché noi sappiamo bene come le aree marginali abbiano risentito maggiormente della crisi economica e soprattutto della mancanza di servizi in un momento in cui si è andati a effettuare tagli e rimodellamenti. La Valtiberina, come il Casentino o il Monte Amiata, mostra i dati migliori per la Lega, probabilmente perché c’è un sentimento di abbandono, e quindi passa la proposta di chi urla più forte. Giani ha dimostrato un interesse forte per le aree interne, ha fatto il giro della Toscana, è stato più di una volta a Sestino, conosce la comunità di Badia, ha usato la sua esperienza di Presidente del Consiglio regionale per avere una mappatura completa del territorio. Le nostre zone sono cruciali: se c’è una spinta forte dalle aree marginali è più facile che tutta la Toscana rimanga al centrosinistra, come però da qui può anche partire la disfatta del centrosinistra.
Martedì il Partito Democratico è stato protagonista di una clamorosa protesta in sede di Unione dei Comuni. Qual è il tuo punto di vista rispetto al funzionamento e alle prospettive di questo ente?
Questo è uno degli argomenti sui quali ci incontriamo come partito a livello valtiberino. È veramente triste vedere così svilito un ente che potrebbe essere la cabina di regia per la progettazione della vallata. Io ho sempre creduto alla collaborazione tra i Comuni, al concetto di Valtiberina, ad una visione organica di questo territorio nel turismo, nel commercio, perché è inutile andare ognuno per conto proprio. Invece vediamo su tutti questi aspetti la più totale inerzia da parte dell’ente. Così come sull’aspetto fondamentale che è quello del sociale. Noi abbiamo chiesto anche a mezzo stampa e con lettere che si potesse riunire una piccola commissione di consiglieri, su base volontaria, per discutere insieme il bilancio del sociale, perché non può essere fatto sui parametri dell’anno scorso. Il ribaltamento di anno in anno come se non cambiasse niente non va bene, dobbiamo fare una seria riflessione su quali sono i nuovi bisogni, mentre fare tutto col parametro Isee è inutile. Si può rimanere su posizioni diverse, ma non incontrarsi neanche è un atteggiamento poco responsabile.
Per un miglioramento bisogna fare anche una riflessione a livello di Regione Toscana per capire se questo ente così com’è serve o non serve. Il fatto che i sindaci non possano delegare altri è una sciocchezza, un sindaco non ce la può fare a seguire tutto, bisognerà prendere in considerazione anche altre formule. E ancora un’altra cosa è quella delle competenze che erano all’interno dell’Unione dei Comuni e che piano piano sono venute meno, perché le persone sono andate in pensione e non si è pensato minimamente di sostituirle.