Breve storia della presidenza del consiglio comunale di Sansepolcro

Prima di Antonello Antonelli sono stati altri otto a detenere la seconda carica istituzionale cittadina. Un ruolo che non è sempre esistito e che in altri comuni ha caratteristiche differenti

Antonello Antonelli interviene subito dopo l'elezione a presidente del consiglio comunale di Sansepolcro

Antonello Antonelli è il nono presidente del consiglio comunale di Sansepolcro. Eletto al secondo scrutinio con 11 voti, succede a Lorenzo Moretti che ha ricoperto l’incarico dal giugno 2016 alla prima settimana di novembre, diventando il presidente più longevo grazie allo slittamento delle elezioni causato dalla pandemia di Covid-19. Vicepresidente Marcello Polverini, che con 16 voti su 17 è stato il primo ad essere riconfermato nello stesso ruolo già ricoperto nella passata legislatura.

La carica di presidente del consiglio comunale fu introdotta a metà degli anni ‘90 del XX secolo all’interno della riforma complessiva che portò all’elezione diretta del Sindaco. Individuando un presidente nei comuni con almeno 15.000 abitanti si intendeva dare una propria autonomia organizzativa al consiglio comunale che proprio con quella riforma fu depotenziato sia come poteri decisionali che nella propria composizione, riducendo di un terzo il numero dei consiglieri. Fino a quel momento il consiglio comunale di Sansepolcro era presieduto dal sindaco, che era comunque eletto dal consiglio e aveva piene prerogative per poterlo anche presiedere.

A Sansepolcro si passò da 30 a 20 consiglieri (21 con il sindaco) in occasione delle elezioni amministrative della primavera 1995. Il primo presidente del consiglio comunale di Sansepolcro fu Franco Centrone. Eletto con 19 voti e due schede bianche, era un esponente di maggioranza della lista di centrosinistra “La Torre”, comprendente i principali partiti del centrosinistra e la Lega Nord. La strana coalizione era la stessa che sosteneva il governo nazionale di Lamberto Dini. Due anni dopo l’inizio della consiliatura Centrone diventò assessore a causa di un rimpasto della squadra di governo di Dario Casini e salì sullo scranno più alto Libero Alberti. Espressione della stessa lista di Centrone, venne eletto con dodici voti a favore e otto schede bianche. Il cambio di ruoli assunse anche risvolti politici che non vennero apprezzati dalle minoranze dell’epoca.

Nel corso di quel quadriennio amministrativo iniziò il lavoro di modifica allo statuto comunale che stabilì delle regole che sarebbero entrate in vigore nel corso della consiliatura successiva e regolano tuttora l’elezione del presidente. La stessa modifica statutaria prevedeva l’inserimento del vicepresidente. La scelta di prevedere in prima votazione un quorum elevato, pari ai due terzi dei componenti del consiglio, per entrambe le cariche era finalizzata a favorire accordi tra maggioranza e minoranze per l’individuazione di profili istituzionali adatti alle due cariche.

Tra il 1999 e il 2004 divenne presidente Maria Bonanno, sempre della lista “La Torre”, che nella consiliatura precedente era stata assessore e vicesindaco. Bonanno fu eletta con 12 voti al primo scrutinio, quindi maggioranza assoluta, ma non qualificata, perché non era ancora entrato in vigore il nuovo statuto. Altri 7 voti finirono a Massimo Canosci, esponente della minoranza, e ci fu anche una scheda bianca. Bonanno resta l’unica donna ad aver ricoperto la seconda carica istituzionale della città. Dopo circa un anno il nuovo Statuto rese necessario eleggere un vicepresidente. Il primo vicepresidente del consiglio fu Paolo Leonessi, esponente di Rifondazione Comunista, all’epoca forza di minoranza. Leonessi fu eletto dopo un considerevole numero di scrutini per l’ostruzionismo della maggioranza che votando sempre scheda bianca ritardò di alcuni mesi l’elezione. Da questo momento tutti i vicepresidenti sarebbero stati sempre espressione delle minoranze e tutti i presidenti della maggioranza, sebbene ciò non sia previsto esplicitamente da nessuna norma.

Nel 2004 per la prima volta presidente e vice furono eletti per acclamazione e senza ricorrere al voto segreto. Si trattava di Guido Guerrini (Rifondazione Comunista) e di Valerio Vergni (Polo per le Libertà). Entrambi ricevettero venti voti a favore più la propria astensione. Guerrini, per un breve periodo con i suoi 28 anni il più giovane presidente in Italia, fu il primo caso di presidente che gestiva anche deleghe del sindaco: inizialmente scuola e cultura, successivamente città gemellate. Fino alla precedente legislatura quest’ultima delega è sempre rimaste appannaggio dei vari presidenti, nell’ottica di esplicitare che si trattava di rapporti dell’intera città e non della sola maggioranza.

Dopo neppure due anni si ritornò alle urne e con la vittoria di Franco Polcri cambiò anche la maggioranza politica. Il presidente Riccardo Marzi (Alleanza Nazionale) e la vice Carla Borghesi (centrosinistra) furono eletti per acclamazione a voti unanimi. Marzi dopo meno di un anno divenne presidente della Comunità montana e Gianluca Enzo Buono (Udc) fu eletto al suo posto. Buono fu il primo presidente a non essere eletto al primo scrutinio, ricevendo alla seconda votazione i soli voti della maggioranza. Le minoranze, che mesi prima avevano votato Marzi in modo unanime, contestarono alla maggioranza dell’epoca le modalità con cui avvenne la sostituzione del presidente. Le polemiche attorno alla forzatura della maggioranza portarono all’elezione di Buono a tarda notte, caso finora mai ripetuto.

L’ulteriore taglio alla rappresentanza consiliare, scesa da 20 a 16 consiglieri (17 con il sindaco), avrebbe fatto rimanere Guerrini e Marzi gli unici ad essere eletti con 20 voti, un record che potrà essere insidiato solo se si verificherà un improbabile ritorno ai numeri della precedente composizione dei consigli comunali. La variazione del numero dei consiglieri modifica anche i quorum per l’elezione. Prima i due terzi corrispondevano a 14 consiglieri e la maggioranza assoluta ad 11. Oggi la maggioranza qualificata è 12, quella assoluta 9. Nel 2011, con sindaco Daniela Frullani a guida di una delle due coalizione di centrosinistra presenti alle elezioni, la presidenza toccò al socialista Antonio Segreti che ambiva inizialmente ad un ruolo nell’esecutivo cittadino. Fu eletto dalla sua maggioranza con 11 voti a suo sostegno al secondo scrutinio, mentre i voti della minoranza finirono su Lorenzo Moretti. Vicepresidente divenne proprio Moretti, esponente dei Democratici per Cambiare.

Nel 2016 Moretti fu il primo vicepresidente a diventare presidente, mentre come vice il gruppo Partito Democratico-In Comune propose e fece eleggere Marcello Polverini. Nelle 2016 il voto fu di nuovo unanime e concorde in sostegno dei due nomi proposti da maggioranza e minoranze. Una particolarità: in occasione di tutte le precedenti elezioni la candidatura del consigliere poi eletto presidente è stata esplicitamente formalizzata in aula prima della votazione, cosa per la prima volta non avvenuta nella seduta di insediamento di questa legislatura.

Criticità e possibilità di riforma del ruolo

Il presidente del consiglio comunale è la seconda carica cittadina per importanza istituzionale immediatamente dopo il sindaco. In caso di assenza o impedimento di presidente e vicepresidente il consiglio è presieduto dal consigliere anziano, come nel caso del primo insediamento dopo le elezioni. Attualmente la gerarchia vede, dopo il presidente Antonelli e il vice Polverini, Chiara Andreini, Filippo Polcri, Roberta Gavelli e Alessandro Bandini.

Esattamente come i presidenti dei due rami del Parlamento nazionale, il presidente del consiglio comunale rappresenta tutta l’assise e dovrebbe avere un ruolo di primo piano nella vita della città. Questo non è quasi mai avvenuto, almeno a Sansepolcro, e spesso i presidenti che si sono alternati hanno avuto atteggiamenti molto passivi sia nei confronti dei primi cittadini che della propria maggioranza. L’indennità di funzione del presidente è pari a quella di un assessore e solitamente questo ruolo istituzionale finisce per essere utilizzato per completare la spartizione politica dei ruoli.

Il presidente non può essere rimosso dalla carica che ricopre. Sentenze definitive degli organi giudiziari dello Stato hanno ribadito l’intoccabilità di questa figura istituzionale, che non può subire mozioni di sfiducia se non per gravi violazioni di legge, le stesse che lo farebbero decadere anche da consigliere comunale. Molti comuni hanno quindi provveduto a ridurre il mandato del presidente in modo che dopo un certo periodo, di solito metà consiliatura, si debba rieleggerlo o altrimenti sostituirlo con un altro consigliere. In alcune città il presidente è sempre eletto con maggioranze qualificate per rendere impossibile l’elezione da parte della sola maggioranza. Capita anche che il mandato preveda l’alternanza di un esponente della maggioranza e uno delle minoranze consiliari.

In alcuni casi l’ufficio di presidenza è composto da più di un vicepresidente per permettere a maggioranza e minoranze di impegnare più persone nella gestione dei lavori consiliari. Infine in molte città è prassi che il presidente si astenga nelle votazioni, come nel caso della presidenza del Senato. A Sansepolcro questo non è mai avvenuto e addirittura in alcuni casi il presidente è intervenuto nei dibattiti come un normale consigliere comunale, soprattutto nei casi in cui era l’unico esponente di un gruppo consiliare.

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