Attenti alla Gagauzia!

La regione della Moldavia meridionale, a molti sconosciuta, rischia di recitare un ruolo strategico nella crisi ucraina mentre già lo esercita in quella politica moldava

La cattedrale di San Giovanni Battista a Comrat. Foto Zlodej Andrej (CC BY-SA 4.0)

Quando si parla di problemi geopolitici all’interno della Moldavia di solito ci si riferisce ai rapporti tra Chișinău e la parte orientale proclamatasi indipendente circa trenta anni fa e nota in Occidente come Transnistria. In realtà il vero nome sarebbe Repubblica moldava di Prednestrovie, con capitale Tiraspol’, ed ha ereditato la bandiera della Moldavia di epoca sovietica della quale si considera legittima discendente dal momenti in cui nel resto del Paese ci si avviava verso l’indipendenza dall’Urss e si sceglieva il tricolore con i colori rumeni arrivato fino ai giorni nostri.

All’inizio degli anni ‘90, nel difficile periodo che portò a cambiamenti epocali, anche la Gagauzia si stava agitando seppure non raggiungendo il livello di sanguinosa guerra civile che vide protagoniste Chișinău e Tiraspol’. I motivi per cui il popolo gagauzo non si sentiva a proprio agio all’interno della nuova Moldavia erano gli stessi che portarono ai problemi con la Transnistria e riassumibili con la paura di essere incorporati in una grande Romania e nella scelta di mantenere profondi legami politici con la Russia. A disinnescare il tutto arrivò un accordo politico nel 1994, che oltre a dare larga autonomia alla Gagauzia sanciva un diritto alla secessione in caso che la Moldavia prendesse la strada di una unione con la Romania.

Chi sono i Gagauzi?

Il legame tra l’attuale Gagauzia e il suo popolo in realtà risale a poco più di due secoli fa e coinvolge le complesse dinamiche politiche della Bessarabia dopo che fu sottratta all’Impero ottomano. I gagauzi furono uno dei popoli chiamati a ripopolare e anche russificare le parti di territorio passate sotto il controllo dell’Impero russo. Si trasferirono nell’attuale Moldavia meridionale da alcune aree della Bulgaria orientale ma sicuramente avevano origini diverse che sono tuttora oggetto di studi. Le teorie più accreditate vedono i gagauzi originari dell’Asia centrale o della Turchia. È certo che parlino una lingua simile a quella turca, che abbiano abbracciato la religione ortodossa e che da sempre abbiano un legame molto forte con il popolo russo. Attualmente la comunità è composta di circa 250.000 persone, delle quali circa 150.000 vivono in Gagauzia e altre centomila disperse in altre aree della Moldavia, nelle regioni confinanti dell’Ucraina, Turchia, Russia e altri Stati post sovietici.

Nelle dinamiche interne alla politica moldava la comunità della Gagauzia, che amministra un’area principale e altre tre separate enclavi per un territorio di quasi duemila chilometri quadrati, si è sempre schierata con le compagini governative ed i partiti politici filorussi. All’interno della propria autonomia, che prevede proprie politiche per quanto riguarda cultura, educazione, fisco e forze di polizia locali, viene utilizzata in prevalenza la lingua russa accompagnata da quella moldava e gagauza. Nella capitale Comrat hanno sede organi di autogoverno previsti all’interno dell’ordinamento costituzionale moldavo.

Monumento alle vittime della Seconda guerra mondiale a Comrat. Foto Tanyaofearth (CC BY-SA 4.0)

La Gagauzia e il conflitto tra Russia e Ucraina

Seppure sotto la sovranità di Chișinău, la Gagauzia ha una posizione geografica strategica nelle dinamiche relative al conflitto in atto tra Russia e Ucraina. L’iniziale prudenza della presidente moldava filo-europeista Maja Sandu, che – ricordiamo – non ha aderito alle sanzioni contro Mosca, non ha accettato di fornire armi all’Ucraina e ha rifiutato la proposta di Kiev di essere aiutata in un’eventuale ripresa del controllo della Transnistria, è dovuta alle possibile tensioni interne che una decisa presa di posizione contro la Russia potrebbe causare all’interno del piccolo Stato. La Moldavia ha tuttora un importante sbocco commerciale dei propri prodotti agricoli e vinicoli proprio con la Russia e uno stop alle esportazioni potrebbe avere importanti conseguenze economiche per un Paese che continua ad avere un’importante parte del proprio Pil grazie ai prodotti della terra e alle rimesse dei concittadini che vivono e lavorano all’estero.

Nello scorso aprile il Parlamento moldavo su iniziativa della presidente Sandu decise di vietare l’uso del nastro di San Giorgio durante le manifestazioni legate al 9 maggio, giorno in cui negli Stati ex sovietici si ricorda la fine della Seconda guerra mondiale e il sacrificio dei popoli sovietici e delle forze armate che complessivamente ebbero circa ventisei milioni di caduti. La scelta del parlamento, che ha visto il boicottaggio del voto da parte delle opposizioni filorusse, è stata duramente contestata in più aree della Moldavia, anche con manifestazioni di protesta nella capitale Chișinău. La Gagauzia ha deciso di disobbedire alla nuova legge e dichiararla non efficace nei propri territori con la conseguenza che il nastro di San Giorgio e perfino le bandiere russe sono state presenti durante gli eventi che hanno ruotato attorno alla data del 9 maggio.

Maja Sandu in visita in Ucraina nel 2021. Foto President.gov.ua (CC BY 4.0)

Un altro passo verso l’annunciata crisi politica è stato il recente arresto dell’ex presidente moldavo Igor Dodon, considerato filorusso e leader delle opposizioni al governo in carica. Dodon fu presidente dal 2016 al 2020, quando sconfisse la Sandu per poi essere a sua volta battuto dall’attuale presidente nel 2020. La mappa del voto, sia al primo che al secondo turno, permette di osservare un Paese spaccato con il nord, la Transnistria e la Gagauzia fortemente sostenitori della coalizione filorussa e di Dodon, mentre il centro e la capitale su posizione filoeuropeiste e quindi con la Sandu.

L’ex presidente è accusato di corruzione e alto tradimento e al momento è agli arresti domiciliari per un periodo di trenta giorni. Inutile sottolineare come le autorità della Gagauzia si siano schierate a sostegno di Dodon e contro la presidente Sandu.

Infine torna periodicamente l’ipotesi dell’“uniri”, ovvero di un processo che potrebbe portare la Moldavia ad unirsi con la Romania e in un solo colpo anche ad entrare nella Nato e nell’Unione Europea. Come già scritto la Gagauzia gode di una importante tutela frutto degli accordi del 1994 che le permetterebbe di dichiarare legalmente la secessione dalla Moldavia. A quel punto la Transnistria avrebbe spazio politico per confermare la propria sovranità mentre nel nord della Moldavia, tra l’altro la parte di Paese direttamente confinante con l’Ucraina e dove sono arrivati negli ultimi mesi qualche centinaia di migliaia di profughi, scoppierebbe il caos, vista la consolidata e storica posizione di contrarietà ad un rapporto più stretto con il vicino rumeno.

Dodon in visita a Mosca nel 2018. Foto Kremlin.ru (CC BY 3.0)

La posizione strategica della Gagauzia

Il territorio gagauzo è incastrato tra Ucraina e Romania, piuttosto vicino alla Transnistria e strategicamente in posizione di controllo verso una delle rotte commerciale più importanti della Moldavia e, in questo periodo storico, dell’Ucraina. La Moldavia non ha accesso diretto al mare ma controlla circa 480 metri di sponda del Danubio a circa cento chilometri dalla foce sul Mar Nero. Nella piccola cittadina di Giurgiulești c’è un importante porto commerciale sul quale arrivano tre ferrovie dal cuore della Moldavia, dalla Romania e dall’Ucraina, seppure quest’ultima dopo il bombardamento del ponte di Zatoka sia stata interrotta. Sempre nel piccolo porto arriva anche una scalcinata e lunghissima strada che permette ai camion carichi di grano ucraino di raggiungere questo sito facendo un viaggio infinito e attraversando l’intera Moldavia. Al momento per l’export ucraino Giurgiulești rimane l’unica rotta commerciale navale sicura vista la perdita del Mare d’Azov e l’impossibilità di usare il porto di Odessa.

È probabile che una volta terminato il conflitto in Donbass, in caso di mancanza di un accordo tra Russia e Ucraina, i prossimi territori epicentro di scontri diventino proprio quelli attorno ad Odessa della quale Transnistria e Gagauzia costituiscono un retroterra russofono e tenendo conto che anche il Budzak, l’area sotto controllo ucraino ad ovest di Odessa, è storicamente molto sensibile all’influenza russa. Di fatto è corretta la posizione di molti analisti che temono, sempre in mancanza di accordi tra i protagonisti del conflitto, che le regioni meridionali della Moldavia rischieranno di essere coinvolte nella spirale militare, politica ed economica che sta cambiando i connotati del continente europeo. Forse, per l’ennesima volta, sarebbe il caso di fare appello alla saggezza dei politici europei nell’ottica di prevenire un allargamento pericoloso di quello che finora è stato, almeno sul piano militare, un conflitto che ha coinvolto solo i territori di Russia e Ucraina. Se non verrà intrapresa la strada di una politica nell’interesse dei propri cittadini ancora una volta sarà l’Europa, e non Cina o Stati Uniti, a pagare le conseguenze economiche di questa situazione e dei suoi possibili ulteriori sviluppi.

Per chi volesse approfondire ulteriormente i temi relativi alla Gagauzia consigliamo il sempre aggiornato canale telegram “Gagauznews”, in lingua russa, che costituisce una vera e propria finestra comunicativa delle autorità gagauze con il resto del mondo. “Cronache Tartare” è invece il canale dell’autore di questo articolo che prova a raccontare quello che sta accadendo in Russia dall’inizio di questo difficile periodo storico.

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