«Sit beside a mountain stream, see her waters rise, listen to the pretty sound of music as she flies»: siediti a fianco di un torrente di montagna, guarda salire le sue acque, ascolta il bel suono della musica mentre vola. Così canta Paul McCartney in “Mother Nature’s Son”, leggero e primaverile inno alla natura che ci invita a metterci seduti e prendere il tempo necessario per osservare, capire e apprezzare la Natura avvalendoci di tutti e cinque i sensi di cui essa stessa ci ha dotati. Andrea Ciotti, biturgense classe ’84, sembra suggerirci di compiere la stessa pacata operazione quando ci troviamo davanti ai suoi dipinti: è proprio Mother Nature’s Son il nome che l’autore ha attribuito a una delle serie di quadri, già pubblicamente esposti e molto graditi dal pubblico, in cui chiaro appare il suo forte interesse naturalistico. Dedicate principalmente a soggetti che appartengono a paesaggi campestri, rurali nonché marini, le sue opere pittoriche attirano lo sguardo per la ricchezza e delicatezza dei dettagli che solo un occhio attento e avvezzo all’osservazione può generare.
In questo particolare momento storico l’osservazione esterna è stata molto e inevitabilmente limitata a causa dall’isolamento sociale in seguito alla terribile diffusione del Coronavirus, fatto che però Ciotti cerca di prendere in maniera il più possibile positiva, trasformandolo dal punto di vista artistico in «occasione per guardarsi dentro. È curioso come lo sguardo e l’osservazione siano elementi che accomunano l’arte visiva ad un processo di crescita e maturazione. Questo ovviamente presenta delle difficoltà, un maggiore livello di attenzione e presuppone delle scelte, in entrambi i casi, non sempre facili da prendere. Sebbene possa sembrare una fase di stallo, dal momento che manca il contatto fisico con il pubblico, penso che adesso condividere il proprio lavoro sia importante più che mai e che contribuisca a dare un messaggio positivo e di speranza in mezzo al discutibile marasma dei social network». Questa strana situazione legata al Covid, sia in riferimento a una visione comunale che nazionale che mondiale, non può non influire nelle creazioni di un artista: «ogni produzione rappresenta di norma lo specchio di chi la concepisce, passa attraverso il filtro dell’autore» afferma Ciotti. «Qualsiasi evento può influire nella vita e di conseguenza nella produzione artistica, figuriamoci uno di questa portata. Personalmente è stata l’occasione di sperimentare alcune scelte cromatiche e il materico nei soggetti naturalistici da cui sono particolarmente attratto. A livello nazionale non mi è molto piaciuta la gestione della situazione, il che ha contribuito ad alimentare la mia diffidenza rispetto alle istituzioni e la consapevolezza che qualcosa di “altro” possa salvarci da una deriva che potrebbe sembrare inevitabile. Da qui la necessità di impegnarsi in ogni attività che possa rendere più bello il mondo».
La pittura è senza dubbio un’attività che arricchisce il mondo, a cui dobbiamo essere grati per la bellezza che ogni giorno ci offre aiutandolo a preservare la sua Natura: renderla protagonista del proprio impegno artistico è certamente un modo per omaggiarla e rendere il pubblico più sensibile nei suoi confronti. «Ho sempre vissuto la natura come una porta verso il Mistero, come qualcosa di inespugnabile e in un certo senso di magico dove l’uomo può entrare, ma solo in punta di piedi. In questo senso rappresenta per me una Maestra» afferma Andrea con innegabile ammirazione verso l’oggetto di queste sue pitture. «Altra cosa interessante è che per avvicinarmi a certi soggetti, renderli vivi, ho dovuto lasciare un po’ da parte l’approccio logico-razionale, per abbandonarmi al movimento e alla fluidità. Credo poi che dipingere la natura sia a qualche livello anche una forma di gratitudine verso quello che ci circonda. In un certo senso la paragono ad una forma di devozione che non ha connotati religiosi o tradizionali». Come può dunque vivere la lontananza forzata dalla natura un artista che le è tanto legato? Può questo distacco imposto generare influenze? E se sì quali? «È tra le cose che mi è mancata di più, non è un caso che i miei soggetti di questo periodo siano stati tutti paesaggi» risponde Ciotti. «In essi ha prevalso l’uso di pochi colori, sono dipinti quasi monocromatici e credo che in buona parte sia dipeso dal fatto che abitando in appartamento ho avvertito la mancanza della luce. D’altro canto questo periodo ha abbattuto l’inquinamento a livello globale e non posso che esserne felice. È evidente come la Terra abbia bisogno di ospiti più rispettosi e consapevoli».
Finalmente, la tanto attesa fase due sta permettendo un ritorno in mezzo a quei boschi, quelle campagne a cui ogni abitante della Valtiberina è più o meno visceralmente riconoscente, ma in qualche modo sempre legato: tornare a sentire gli odori degli alberi e dei fiori, il rumore dei fiumi, i colori dei campi. «Sto già sentendo il bisogno di tornare ad usare una tavolozza con molti più colori!» ci dice Ciotti con entusiasmo. «In ogni caso preferisco, per quanto possibile, non pianificare e seguire l’ispirazione del momento. Poi attendo anche di ricominciare con l’attività “en plein air”, letteralmente dipingere all’aria aperta, traferire nella tela ciò che vedo e ciò che sento, senza nessun tipo di filtro», cosa che potrà accadere nella prossima fase in cui, speriamo presto, avremo pressoché sconfitto il tanto temuto virus della distanza.
Intanto, però, è possibile pensare al futuro, riflettere su desideri o speranze: «Spero si ricominci a livello nazionale a investire nella cultura che è la nostra più grande risorsa» prosegue Ciotti, «ma questo deve essere necessariamente preceduto dalla comprensione della necessità di staccarsi da dinamiche consumistiche e alienanti. Abbiamo tutti potuto constatare come gli artisti in questo periodo siano stati completamente dimenticati dal sistema economico-finanziario. La mia speranza è legata al fatto che le persone riconoscano sempre più il valore ed il potere dei colori e delle immagini, il loro beneficio e l’importanza di vivere ogni aspetto della vita creativamente. Per quanto riguarda i progetti ho alcune mostre in ballo, porterò in giro sicuramente un ciclo pittorico sui mari che si intitola Il mare visto dalla luna. Alcune sono già fissate ed altre da definire mentre cerchiamo di capire come sarà lo scenario artistico nell’immediato futuro».
Proprio come il mare, che a volte impetuoso rende difficile il navigare per poi calmarsi lasciando spazio ad una tavola di luce in cui il cielo diurno e notturno possano specchiarsi, così la terraferma macchiata dei colori più splendidi può tornare ad essere ispirazione per chi, come Ciotti, spera in un futuro diverso. Un mondo, necessariamente condizionato dalla terribile esperienza di una pandemia, abitato da “ospiti più rispettosi e consapevoli” che riescano ad accogliere l’appello al rispetto, alla calma osservazione e conseguente apprezzamento dell’arte, della natura e del connubio delle due insieme.