«Questa figura d’argilla chiamata Golem, fu scolpita, in tempi remoti, dal mago Tessalia. Se metterete la parola magica, che può dargli vita, in questa borsa e la inserirete nell’apertura dentro il petto della statua, essa rimarrà viva per tutto il tempo in cui porterà in sé la borsa stessa» recita l’incantesimo che si può leggere nell’omonimo capolavoro muto di Wegener e Boeuse (1920) per risvegliare il Golem: un vuoto involucro di argilla che l’uomo ha il potere di ri-animare. Arte antica e per eccellenza materica, la scultura ha bisogno di un intermediario che sia in grado di forgiare la materia e abbia il potere di soffiare vita in essa. Andrea Brizi, umbro-toscano classe ’88, con un percorso artistico partito dall’illustrazione sembra aver trovato una strada favorita nel plasmare l’argilla, a cui si dedica anima e corpo producendo piccole e ben distinguibili serie di personaggi lisci e colorati che ricordano l’arte popolare messicana dei teschietti mortuari, forme di vita aliene ma al contempo estremamente familiari, antiche statuette votive del mediterraneo.
Lo scultore ci tiene subito a puntualizzare una cosa: «l’uso del termine Artista. Secondo me l’Artista è colui che crea qualcosa che susciti delle emozioni negli altri. Modellare dell’argilla o suonare una chitarra non rende artisti, ma solo persone che “modellano l’argilla” o “suonano la chitarra”. Sarebbe veramente un grandissimo onore essere considerato un Artista. Ci autodefiniamo Artisti con troppa superficialità e io do un significato troppo grande a questa parola per sentirmici accostato senza dire preventivamente come la penso. Ovviamente sarebbe bello se la scultura fosse il mio unico lavoro, ma al momento non è così: ancora non riesco ad autodefinirmi un Artista».
Eppure Brizi ha percorso un cammino di studi piuttosto ampio e particolare, segnato dalla sperimentazione: partito dall’illustrazione è passato per la pittura ed è approdato (principalmente) alla scultura. «Mi sono diplomato alla TheSign Academy di Firenze in Illustrazione e per vari motivi, tra cui lavorativi, non ho mai pienamente proseguito questa strada. La verità è che sono un curioso estremo e un instancabile sperimentatore. Il mio primo approccio all’arte è stato con la pittura su tela fino ad arrivare a dipingere con gesso e spatola su supporti lignei, modellando i volumi che si creavano. Probabilmente avrei dovuto intuire che qualcosa mi stava portando da un’altra parte. In modo completamente istintivo un giorno sono salito in auto e sono andato a comprare dell’argilla. Così ho modellato la mia prima scultura. Di lì a poco sarebbe arrivato il punto di svolta: partecipai ad una mostra dove portai tre quadri e quasi per gioco – spronato dagli organizzatori – portai anche la scultura che avevo realizzato. Il risultato fu che i quadri non se li filò nessuno, mentre la scultura fece un bel successo. La cosa mi fece riflettere e, divertito dal lavoro plastico, continuai fino a perdere interesse per tele e pennelli. Questa è la storia che mi ha portato alla scultura. La cosa da sottolineare è che non è stata una scelta ragionata o qualcosa di premeditato, semplicemente è stato un incontro, un po’ voluto e un po’ casuale. Di tanto in tanto la vita ci pone davanti a delle strade, dei bivi, che molte volte non prendiamo perché rimaniamo nei nostri sentieri già battuti e sicuri. Secondo me vale la pena rischiare, perché lasciandosi andare potremmo arrivare dove non abbiamo mai neanche immaginato. Ovviamente l’illustrazione non l’ho mai abbandonata. Nel tempo ho avuto il piacere di avere qualche bella commissione, però il fascino della terza dimensione della scultura è qualcosa di troppo grande. Principalmente faccio lavori in terracotta, ma nel corso del tempo ho aggiunto delle parti in ferro, vetro e legno, perché mi piace mescolare tra loro questi materiali dall’animo umile, mutando materia grezza in un medium tra me e il mondo. Sono tutti materiali dalle caratteristiche interessanti; l’argilla, però, mi permette di modellarla con le mani, questo è quello mi dà più soddisfazione. Mentre sono lì con le mani in pasta, che faccio diventare un blocco di argilla qualcosa di diverso, mi sento bene, a mio agio, addirittura mi sento potente».
L’intervista ad Andrea Brizi proseguirà nella prossima puntata, in cui entreremo a più stretto contatto con le sue opere osservandole più da vicino, parlando con lo scultore del suo iter: pre, durante e post Covid, con i suoi ultimi progetti.