Andrea Bocciolesi è da questa stagione l’allenatore della prima squadra maschile della New Volley Borgo Sansepolcro in Serie C. Tifernate, classe 1978, Bocciolesi ha legato le sue fortune pallavolistiche alla città biturgense, dove ha chiuso una lunghissima carriera da giocatore la scorsa estate. Con lui abbiamo affrontato il tema pallavolistico a tutto campo, avendo anche l’occasione di ricordare momenti condivisi tra intervistato e intervistatore, che ormai tanti anni fa militarono nella stessa squadra per diverse stagioni. La conversazione è iniziata però con alcune considerazioni sull’attività lavorativa di mister Bocciolesi come educatore di bambini di età 3-6 anni: “A quell’età il lavoro da casa è poco soddisfacente”, dice, “di solito l’attività è molto di contatto e di relazione, e con la didattica a distanza si perde. Facciamo comunque incontri, videolezioni su Zoom, abbiamo anche un gruppo Whatsapp. Tutto serve per colmare il senso di abbandono che possono vivere i bambini, considerando che sono abituati a vederci quasi più dei genitori, e quindi mantenere un contatto è necessario da un punto di vista psicologico”. Anche in questo ambito, insomma, stop dell’attività in presenza sostituita da un complesso lavoro virtuale. Lo stesso che ha riguardato l’attività pallavolistica.
Come stava andando la stagione al momento dell’arrivo del coronavirus?
Quest’anno abbiamo avuto un grande ricambio generazionale. Tu sai bene che abbiamo avuto buoni fasti, quando giocavamo siamo riusciti a portare Sansepolcro su una vetrina nazionale, siamo stati credo il primo sport a farlo. Da lì in poi è stato un po’ un problema perché la nostra è una valle dove le risorse sia economiche che umane vanno un po’ distribuite, nell’arco di 20-30 km da Pieve a Trestina ci sono circa dieci società. Abbiamo deciso di ripartire con progetti nuovi, io e Filippo Polcri siamo passati di qua dalla riga, lui è diventato direttore sportivo e mi ha offerto di fare l’allenatore. Io ho sempre allenato squadre giovanili da quando avevo 16 anni e l’anno scorso seguivo già l’Under 18 maschile. E quindi, visto che i ragazzi dovevano cominciare a mettere il naso in Serie C, abbiamo iniziato questo lavoro. Che stava andando abbastanza bene: ovviamente per loro la Serie C al primo impatto è stata un pochino difficile, ma avevamo i vecchietti che davano una discreta mano. Tra alti e bassi stavamo facendo una buona esperienza in Serie C, e intanto stavamo portando avanti un grande lavoro in Under 18 e Prima divisione.
Poi è arrivato lo stop dovuto al coronavirus.
Ci ha preso alla sprovvista. Ovviamente mi ha lasciato l’amaro in bocca concludere così la mia prima uscita da allenatore in Serie C, ma più che altro mi preoccupa il fatto che dei giovani interrompano un percorso di crescita. Anche con loro lavoro online, però sono da soli a casa, è difficile, non è un lavoro di crescita, è un lavoro di mantenimento, ma proprio minimo. Quello che mi preoccupa da educatore però è che questi ragazzi, più che tecnicamente e fisicamente, dove potremo recuperare rapidamente, perdano motivazione. La motivazione è una cosa molto importante sui ragazzi oggi, molto più di quando eravamo in campo noi. Va curata, va fatta crescere nello stesso modo della tecnica, della tattica, della mentalità, perché il mondo di oggi ci offre un materiale umano diverso da quello che eravamo noi. E quindi quello che preoccupa anche l’ambiente è la possibile perdita di qualche numero. Ragazzi che magari avevano iniziato da poco, o che ancora non avevano trovato piacere nell’inserirsi in un gruppo, dopo sei mesi di stop non è scontato che ripartano. Noi comunque stiamo già lavorando per qualunque momento e qualunque modalità in cui ci permettano di ripartire: fra 15 giorni, fra un mese o a settembre, appena ci sarà la modalità di tornare in palestra, ovviamente con le dovute precauzioni, noi siamo pronti da adesso con dei programmi di lavoro e di recupero di quanto perso.
Nei giorni scorsi sembrava che sulla base di un report del Politecnico di Torino la pallavolo fosse uno degli sport più pericolosi dal punto di vista Covid. Questo ha destato un certo scalpore nel movimento.
Ha destato molto scalpore. Purtroppo hanno cercato di uniformare, errando, tutti gli sport in modo da dare a tutti la stessa linea. Ci hanno confrontato per esempio col basket che per tanti versi è simile, ma lì il gesto tecnico è fatto fisicamente, c’è la possibilità magari di giocare con dei guanti speciali, per quanto ci sia contatto. Il nostro non è uno sport di contatto però facciamo il gesto tecnico con la palla, è impossibile palleggiare con un paio di guanti o fare tante altre cose. Però ci sono delle metodologie di allenamento e di mantenimento con le quali riusciremmo ad andare in palestra e quantomeno a non perdere la parte più importante del nostro lavoro, che è il sistema di squadra. È inutile che un ragazzo diventi bravissimo a fare il bagher al muro, la pallavolo è tutta un’altra cosa, è gioco di squadra, è sinergia. Comunque ora questo è stato chiarito bene, in realtà il report completo spiegava che la pallavolo non è così pericolosa, quindi ci sarà prima o poi modo di tornare in palestra. Dovremo vedere le modalità e le difficoltà che avrà ogni società grande o piccola. Ci sarà da sanificare gli ambienti, i palloni, prima e dopo l’allenamento, ci saranno molte direttive a cui non tutte le società riusciranno ad attenersi, perché tutto questo ha un costo. E molte società hanno avuto un deficit non solo di sponsor – ovviamente chi doveva ancora aiutare la stagione non lo ha più fatto – ma anche dal punto di vista delle quote di iscrizione dei ragazzi per la seconda parte di stagione. Noi comunque come ho detto siamo pronti a ripartire, abbiamo la fortuna di avere la palestra Giovagnoli in gestione, possiamo valutare altre modalità, green volley, beach volley. Monitoriamo la situazione di continuo, mi sento settimanalmente col ds Polcri e il presidente Celli e ogni volta che cambia la prospettiva cambiamo la nostra preparazione. Ma per le società della nostra vallata è stata una bella botta questa. Se escludi Città di Castello come numero di persone e San Giustino come categoria, il resto sono società medio-piccole che quindi stanno incontrando grandi difficoltà, come del resto in tutti gli sport.
Le leghe di serie A maschile e femminile hanno duramente contestato la scelta della Fipav di chiudere i campionati, con i presidenti che si sono dimessi per protesta. Secondo te chi ha ragione?
Ovviamente sono decisioni importanti, in serie A c’è un discorso economico particolare, e quindi probabilmente i presidenti si aspettavano di essere chiamati in causa per un’opinione. Però credo che la situazione che si è manifestata al Nord non abbia lasciato altre modalità di azione al Governo, e tutti si sono dovuti attenere a questo. Comunque le dimissioni sono state un segnale per far capire la difficoltà del movimento e probabilmente sono state importanti perché in Italia ci focalizziamo molto sul calcio ma non capiamo che ci sono difficoltà anche per sport di altissimo livello come la pallavolo. Tutto ciò che sta patendo il calcio lo patisce anche la pallavolo di alto livello. Poi per riprendere certi campionati forse si potevano trovare varie modalità, da quella televisiva giocando senza pubblico, però dobbiamo stare dietro all’evoluzione della situazione sanitaria. Non c’è sport senza vita, la prima cosa importante è la situazione sanitaria. L’ambito sportivo e quello scolastico sono i primi dove c’è contatto, socialità, dove ci sono i ragazzi, ed è importante tutelare questi ambienti. Per adesso io mi trovo abbastanza d’accordo con quello che è stato deciso. Ora in un modo o nell’altro bisogna trovare il modo di ripartire perché l’economia non soffra troppo, però dal punto di vista sanitario penso che dobbiamo avere ancora tanta tanta attenzione.
Mettiamo ora da parte l’attuale emergenza. Secondo te come è cambiata la pallavolo da quando hai iniziato a giocare ad oggi?
A livello tecnico è in completa evoluzione ed è la cosa bella di questo sport. Sono partito con una pallavolo che non prevedeva libero e con i set eterni. Era una pallavolo completamente diversa e forse più tecnica. Adesso la fisicità la fa da padrona ad alto livello, la battuta è diventata un fondamentale molto più importante, però il tasso tecnico è sempre determinante nel nostro sport, che altrimenti non esisterebbe. Anche a livello tattico è uno sport completamente diverso da quello che facevamo quando giocavamo insieme più o meno venti anni fa: è molto ma molto più veloce, nel gesto tecnico come nel sistema di gioco e nell’azione. Implica una velocità di pensiero molto maggiore. Questo è bello perché rende il gioco più spumeggiante, con una fisicità importante e una tecnica imprescindibile che bisogna prima imparare e poi saper eseguire con una certa velocità e con una certa efficacia. L’evoluzione per ora è nella direzione giusta, è uno sport che sta diventando sempre più bello e piacevole. Questo è importante anche per reggere la concorrenza degli altri sport in crescita come il rugby o anche il beach volley, che è una disciplina molto differente dalla pallavolo. È importante che la pallavolo si evolva per non rimanere uno sport di nicchia. È sempre stata per l’Italia una medaglia al petto e quindi speriamo di mantenerla tale ancora con le nuove generazioni, tenendo conto che anche a livello altissimo c’è un importante ricambio generazionale in atto.
Quali sono stati il momento più bello e il momento più brutto della tua carriera?
Il momento più bello è stato sicuramente la prima conquista della serie B nazionale con Sansepolcro nel 2001. Quello, che ricordi bene anche tu visto che c’eri, ha costituito anche il motore di un movimento che a Sansepolcro è cresciuto, erano anni d’oro che sono proseguiti per diverso tempo e diversi anni, però la prima volta non si scorda mai. È stata una cosa particolare, basta ricordare che andammo a fare le finali interregionali ed eravamo l’unica squadra che faceva avanti e indietro, gli altri erano professionisti con l’hotel e tutto. Noi eravamo i provinciali ma con tanta fame: è stata un’emozione immane. E poi anche la vittoria della Coppa Italia di serie B è stato un momento bellissimo. Momenti brutti fatico a trovarne, perché la pallavolo mi ha regalato sempre tanto, tante gioie, tante amicizie, e anche situazioni magari poco piacevoli sono state sempre momenti di crescita. Quindi sono costretto a dirti che il momento più brutto della mia vita pallavolistica forse è questo, che mi tiene lontano dalla palestra, dai ragazzi, dal pallone. Forse il momento più difficile nell’arco di questi 25 anni di pallavolo è proprio questo.
Come vedi il tuo futuro da allenatore?
Sicuramente dopo tutto questo sarà particolare tornare in palestra, però ormai ho attaccato le ginocchiere al chiodo e quindi mi butterò tranquillamente a capofitto in quella che è la mia futura esperienza da allenatore. Alleno da tanti anni nel giovanile, anche con numerose belle esperienze, però allenare campionati professionistici o semiprofessionistici, dal livello di Serie C in su, è sicuramente diverso, più impegnativo ma anche più motivante. Questa per me era la prima esperienza, non sarà facile farne un resoconto finale a causa di questo improvviso stop. Comunque aspetto solo di ripartire con la stessa voglia. Il prossimo anno, in qualunque situazione, qualunque squadra allenerò la voglia sarà tanta e la concentrazione sarà lì. Le speranze sono molte, le risposte le darà il campo. Io lavoro con tanto impegno, pronto a mettere l’esperienza maturata allenando le giovanili su campionati più importanti, però è ancora tutto da vedere: è una partita che ancora devo giocare.