Una carriera di spessore, impreziosita da un gol in rovesciata di folgorante bellezza che più di mille parole illustra la magia del calcio. Una prodezza da vedere e rivedere, un gesto da raccontare con orgoglio e che per sempre rimarrà impresso nella mente di Luca Lacrimini, ex calciatore classe 1978 e biturgense doc, che con la squadra del Sansepolcro ha iniziato e poi chiuso la sua avventura nel mondo del pallone. La carriera di Luca, giocatore di fascia a tutto campo, va ben oltre quella pur meravigliosa acrobazia e racconta la storia di un giovane sportivo partito dalla Valtiberina, capace di arrivare tra i professionisti e di rimanerci a lungo, vestendo maglie importanti. Ha cominciato il suo percorso nel vivaio del Sansepolcro, ha fatto 3 stagioni nel settore giovanile del Perugia, è tornato in bianconero per giocare in Serie D nel 1994-1995 all’età di 16 anni e, dopo un brutto infortunio alla caviglia che lo ha costretto a stare fermo per più di un anno, è ripartito da Chianciano (di nuovo in Serie D) prima di passare alla primavera dell’Inter dove è stato protagonista per una stagione. La sua carriera si è poi sviluppata in Serie C, categoria affrontata con Torres (3 campionati in C2 e 1 in C1), Fermana (2 stagioni e mezzo in C1), Chieti (1 anno e mezzo in C1), Sangiovannese (metà stagione in C1) e da gennaio 2006 Napoli con cui in C1 ha giocato 9 gare. Nel 2006-2007 una bella esperienza in Serie B a Frosinone (con 21 apparizioni), poi di nuovo Serie C1 con Ancona, Cavese, Perugia e Serie D per 3 stagioni con la Pontevecchio e per “l’ultimo ballo” nel “suo” Sansepolcro. In carriera Luca ha vinto 3 campionati di Serie C e vissuto momenti indelebili che ha ripercorso assieme a noi.
Partiamo dalla Sangiovannese e da quel gol in rovesciata. Dove nasce un gesto così?
“Difficile da spiegare perché racchiude al suo interno tanti elementi ed è stato la fotografia di un momento stupendo. Sono arrivato alla Sangiovannese con tanta voglia di riscattare la poco felice stagione precedente ed ho trovato le condizioni ideali per esprimermi al meglio. Questo grazie alla fiducia che mi è stata data da mister Braglia e al lavoro atletico effettuato con il preparatore Luca Boncompagni, tra l’altro anghiarese doc. In Valdarno ho vissuto 6 mesi meravigliosi e disputato prestazioni di livello. Mi riusciva tutto e già in Coppa avevo siglato un gran gol nel derby con il Montevarchi”.
Un gol in rovesciata è il sogno di tutti i calciatori. Ce lo racconti?
“Era la stagione 2005-2006, affrontavamo il Lanciano ed a fine primo tempo sul punteggio di 0-0 è arrivata questa punizione laterale. Lo schema prevedeva che io dovessi staccarmi e venir servito rasoterra per tirare in porta, ma il passaggio è venuto alto ed istintivamente ho effettuato una rovesciata. È andata bene visto che la palla è finita in rete. È stato un mix formato da un pizzico di sana pazzia, di tecnica, di coordinazione e anche fortuna perché in un gesto così è necessaria. Comunque non è stato un caso, perché sono sempre stato un maniaco delle rovesciate e perché ai tempi della Torres prima degli allenamenti il secondo portiere Filippo Zani crossava e io rovesciavo verso la porta. Quel giorno quando ho visto la palla in rete quasi non ci credevo. Con i compagni la sera abbiamo riguardato tante volte le immagini ed ogni volta mi stupivo. Anche oggi, quando lo rivedo, mi emoziono”.
La rovesciata come cartolina di una carriera di spessore. Come la valuti a mente fredda?
“Sono molto felice di quanto ho fatto e penso di aver ottenuto ciò che meritavo. Giocare anche soltanto un minuto in Serie A sarebbe stato il top, ma comunque sono stato nei professionisti tanti anni e mi sono tolto belle soddisfazioni. Tutto è stato il frutto di passione, sacrificio e voglia di giocare a calcio. L’infortunio alla caviglia patito da ragazzo è stato un momento delicato, ma mi ha fortificato e dato stimoli. In ogni squadra sono stato bene e in ogni posto mi sono sentito a casa. Ho bellissimi ricordi e tanti amici, persone favolose incontrate nel mio percorso. Di questo vado fiero perché i calciatori passano, ma i rapporti umani restano”.
Quali i momenti più belli della tua carriera?
“Ce ne sono stati tanti a partire dal successo del campionato di Serie C2 con la Torres ottenuto superando al penultimo turno il Rimini e la Triestina e poi vincendo l’ultima partita a Mestre con 1500 tifosi arrivati da Sassari per sostenerci. Proprio in questo 2020, a 20 anni di distanza da quel trionfo, avevamo organizzato di rivederci e di disputare una sfida di beneficienza che purtroppo è saltata causa Coronavirus e che rifaremo appena sarà possibile. Poi ovviamente i campionati di Serie C1 vinti con l’Ancona e poi con il Napoli perché giocare al San Paolo davanti a circa 70000 tifosi non è cosa da poco. Senza dimenticare ovviamente tutto il resto, gli anni con la Fermana, la Serie B con il Frosinone da protagonista e in un campionato irripetibile con Juventus, Napoli, Genoa, Verona, Brescia, Lecce e Genoa, il sogno di vestire la maglia del Perugia, l’esordio in D a 16 anni con il Sansepolcro, le 3 stagione con la Pontevecchio dove sono stato trattato come un re ed ovviamente l’anno nella primavera dell’Inter”.
Che ricordi hai della stagione vissuta con la primavera nerazzurra?
“Una splendida esperienza, in una delle principali realtà del calcio mondiale e fianco a fianco per tanti mesi con i campioni che militavano nella prima squadra, come ad esempio Zanetti, Bergomi, Pagliuca, Zamorano e Winter. Mi ricordo che io, Spinesi e Ferrari arrivavamo la mattina presto ad Appiano Gentile e che c’era già pronto Zanetti, fuoriclasse maturo nonostante la giovane età. Io spesso mangiavo proprio accanto a lui e mi ricorderò per sempre i suoi consigli, su una sana alimentazione, sul modo di allenarsi e di comportarsi. Stare accanto a giocatori così era fantastico. Purtroppo non ho avuto la fortuna di debuttare in Serie A, ma ho giocato un’amichevole a San Siro contro il Lugano e già quella è stata una forte emozione”.
Da un’emozione ad un’altra, seppur a distanza di anni, perché giocare nel Napoli ha un fascino speciale.
“Assolutamente e fu innanzitutto una grande sorpresa. Me lo ricordo benissimo. Era il 30 dicembre 2005 e mi fu detto che Pierpaolo Marino, direttore sportivo del Napoli, mi aspettava a Monte San Savino per farmi firmare il contratto con gli azzurri. Pensavo che fosse uno scherzo, invece era tutto vero. Firmai il contratto e raggiunsi Castel Volturno, dove c’erano ad aspettarmi Marino e mister Reja. Nel 2006 fui il primo acquisto del mercato italiano di gennaio e giocare nel Napoli, seppur in C1, è stato veramente fantastico. Vincemmo il campionato e il calore della tifoseria fu incredibile. Uno spettacolo la festa promozione con 72000 tifosi in delirio nella sfida decisiva con il Perugia”.
E giocare con il Perugia fu un altro sogno realizzato.
“Verissimo, anche perché è la squadra per cui tifo. Ho fatto a Perugia il settore giovanile e poi quando mi sono infortunato è sfumata la possibilità di militare in Serie B con la prima squadra. Da giovane facevo il raccattapalle al Curi e promisi a me stesso che sarei tornato in quello stadio da protagonista. Ho coronato il mio sogno qualche stagione dopo, purtroppo nell’anno del fallimento, ma indossare la maglia del Perugia è stata una vittoria personale oltre che una grande emozione”.
Il giocatore più forte che hai incontrato nella tua carriera?
“Difficile scegliere. Tra i compagni di squadra dico “El Pampa” Sosa, Calaiò, Margiotta, Lodi e Mastronunzio che era un fenomeno per la Serie C, tra gli avversari cito due autentici campioni che ho affrontato da vicino: Camoranesi, velocissimo nei primi metri e con un gran dribbling, e Amantino Mancini contro cui ho giocato in un Roma-Napoli di Coppa Italia, calciatore immarcabile se in giornata di grazia”.
Come giudichi il calcio a porte chiuse e come lo vedi nel post Coronavirus?
“Ho disputato quel Roma-Napoli di Coppa Italia a porte chiuse per motivi di ordine pubblico e l’atmosfera è surreale perché nello sport ad alto livello il pubblico è una componente fondamentale. Il Coronavirus però ha stravolto tutto e per portare a termine i campionati professionistici questa era l’unica strada. La tutela della salute è la priorità e non dobbiamo dimenticarcelo mai. Per la ripartenza di tutto il movimento calcio bisogna sperare che la situazione generale migliori ancora sennò sarà dura. Non sarà facile neanche a livello economico ricominciare e non solo nel calcio ovviamente”.
Causa Coronavirus è saltato anche il Memorial Angelo Perla che ti vede tra gli organizzatori nel ricordo di una persona che ha lasciato un segno indelebile.
“Purtroppo quest’anno è andata così, ma ci rifaremo, anche perché l’evento in suo onore, che con la figlia Laura ed altri amici organizziamo ogni anno è diventato un momento emozionante e unico. Angelo è stato una persona fondamentale nella mia vita e resterà per sempre vivo nel mio cuore. Tra i tanti momenti che mi legano a lui ne racconto uno. Quando ho smesso di giocare a calcio ho sofferto e Angelo mi portava con sé nei boschi, a camminare e parlare per ore. Mi ha dato consigli preziosi e mi ha aiutato tanto”.
Cosa fai ora e quale è il tuo sogno nel cassetto?
“Lavoro nella mia azienda di giardinaggio con mio cugino e socio Stefano Cangi e con mio babbo Giuseppe, collaboratore familiare. Il mio sogno è rientrare in futuro e se si presenterà la situazione giusta nel mondo del calcio dal quale mi sono estraniato perché un po’ deluso. Il calcio però mi manca e ritornerò, magari il giorno in cui ognuno farà il suo mestiere, per mettere a disposizione la mia esperienza”.
Futuro del calcio a Sansepolcro. Ci sono secondo te i margini per andare avanti?
“Spero con tutto il cuore di sì perché tengo molto alla maglia bianconera e perché il 2021 sarà anche l’anno del centenario. Mi auguro che qualcosa si muova e che la storia del Sansepolcro prosegua”.