I lettori di TeverePost, dopo aver letto le vicende relative agli strani confini in Valtiberina e alla particolarità delle isole amministrative di Ca’ Raffaello e Monte Ruperto, scopriranno che a qualche ora di auto dal proprio territorio potrebbero ritrovarsi nell’exclave regionale più piccola d’Italia. A Ca’ Raffaello è la Toscana ad essere circondata dall’Emilia Romagna, mentre nella particolare situazione che esaminiamo oggi è un piccolo pezzo di Emilia ad essere circondato dalla regione con capoluogo Firenze. Stavolta le dinamiche non hanno a che fare con la politica, ma con il mondo della chiesa e della devozione.
Stiamo parlando di San Pellegrino in Alpe, una frazione dei comuni di Castiglione di Garfagnana e Frassinoro, che vanta il piccolo record di essere la località dell’Appennino permanentemente abitata alla maggiore altitudine, 1525 metri sul livello del mare. Castiglione è in provincia di Lucca e quindi in Toscana, mentre Frassinoro è in quella di Modena, in Emilia-Romagna. Fin qui nulla di strano, non sarebbe né il primo e neppure l’ultimo caso di piccoli centri abitati divisi da due regioni, soprattutto in territori montani. Ma il vero confine tra Toscana ed Emilia Romagna, quello sullo spartiacque appenninico, dista circa 1.500 metri dal paese e la divisione della piccola frazione non è dovuta al passaggio di una linea che la divide in due parti, bensì al fatto che metà chiesa e la parte centrale dell’abitato si trovano in un’isola amministrativa emiliano-romagnola all’interno della Toscana. Circa 2.000 metri quadrati, meno della metà di un campo di calcio, con una storia davvero particolare e, come spesso capita in questi casi, anche avvolta nella leggenda.
Il protagonista del racconto è un irlandese di nome Pellegrino, vissuto forse nel VII secolo, che per la chiesa cattolica non risulta essere ufficialmente santo. Sarebbe dovuto divenire re di Scozia, ma rinunciò al trono per andare in visita in Palestina al Santo Sepolcro di Gerusalemme, dove trascorse oltre 40 anni vivendo da asceta e resistendo ripetutamente alle tentazioni del Diavolo. Non mancò un dialogo con il sultano per invitarlo alla conversione. Successivamente andò in Italia per visitare la tomba di san Pietro e altri luoghi sacri, fino a stabilirsi in quello che attualmente è l’Appennino tosco-emiliano. Aveva quasi cento anni quando morì e secondo la tradizione sia i popoli che vivevano in Toscana che i vicini Longobardi ne reclamarono il corpo. A questo punto fu preso un carro trainato da due buoi, uno toscano e uno longobardo, e si decise che il corpo sarebbe stato sepolto laddove gli animali si fossero fermati. Dove oggi sorge la chiesetta di San Pellegrino, il protagonista della nostra storia trovò una prima sepoltura assieme al fedele compagno di viaggio san Bianco, altro caso di santo per tradizione, visto che la chiesa non ha mai provveduto ad elevarlo a questo rango. Metà del luogo di sepoltura e una parte dei terreni circostanti furono assegnate ai Longobardi.
Passano i popoli, i regni, i ducati, i granducati, le repubbliche preunitarie fino all’Italia unita, ma nessuno ritiene opportuno disturbare i due santi e modificare il confine che taglia in due i loro corpi. Neppure in epoca fascista, quando il limite settentrionale della Toscana è stato in più punti corretto a vantaggio della terra natale di Benito Mussolini, nessuno ha pensato a San Pellegrino in Alpe. Proprio per questa concatenazione di eventi ancora oggi le teste e i busti di Pellegrino e Bianco sono in Emilia-Romagna e le loro gambe in Toscana. Del resto anche la chiesa che ospita la teca dove riposano è tagliata in due da un segno ben visibile sul pavimento.
Nel corso del medioevo il piccolo borgo ebbe un importante sviluppo a causa dei numerosi devoti che raggiungevano la località per rendere omaggio ai due personaggi, oltre che per l’importanza della via di comunicazione che collegava il nord e il centro Italia. Sorsero attività per ospitare i pellegrini o i semplici passanti. Alberghi, bar, ristoranti, botteghe di prodotti tipici e un piccolo museo etnografico caratterizzano tuttora oggi San Pellegrino in Alpe, e alcune di queste attività commerciali incontrano diversi problemi burocratici, dato che alcune di esse si sviluppano in due regioni, due province e due comuni. Per rendere chiara e visibile la situazione il paesino è disseminato di cippi di pietra e termini geografici che aiutano a capire in quale delle due regioni ci si trova. Naturalmente i cittadini votano in due comuni, pagano le imposte sugli immobili proporzionate alla metratura delle parti toscane ed emiliane, ma almeno la raccolta dei rifiuti viene fatta da un solo concessionario, quello toscano. Due, invece, i postini costretti a raggiungere la località.
Viene da chiedersi, considerando che perfino il bar del paese è diviso tra due regioni, come abbiano affrontato le limitazioni della quarantena gli abitanti, che secondo dati di pochi anni fa appartengono a due famiglie, per un totale di undici persone che risiedono permanentemente a San Pellegrino in Alpe. Un luogo che vale la pena visitare anche senza essere appassionati di stranezze geografiche o fortemente devoti a san Pellegrino e san Bianco. Paesaggi, passeggiate, qualità ambientale e buona cucina tosco-emiliana sono elementi sufficienti per dedicare tempo all’esplorazione di queste montagne, dalle quali si possono godere panorami che spaziano sulle Alpi Apuane, sugli Appennini e sulla Garfagnana.
Si ringrazia per le immagini Daniele Dei (malatidigeografia.it).