Il basket Norman Hassan lo ha conosciuto perché spronato dalla madre, anch’essa giocatrice, assieme alla quale si è trasferito in tenera età ad Anghiari, riunendosi con i nonni che già vi abitavano. Inizialmente il suo desiderio, come per la maggior parte dei bambini italiani, era quello di diventare un calciatore. È bastato però poco perché cambiasse idea: “Ho fatto il primo allenamento con i ragazzi di Sansepolcro e ho detto subito: voglio giocare a basket – racconta Norman – Da piccolo ero malato: tornavo da scuola, mangiavo, correvo a prendere il pullman e alle 15 ero già al palazzetto. Mi allenavo con tutte le giovanili e rimanevo anche a guardare la prima squadra, sperando che mancasse qualcuno e che mi facessero allenare con loro”.
Ben presto si è presentata un’occasione da agguantare al volo: “Quando avevo 15 anni, il mio allenatore a Sansepolcro, Alessandro Rossi, ci ha portato a fare un’amichevole a Rimini.” Lì Norman e tre altri suoi compagni vengono notati dai Crabs, che all’epoca militavano in Serie A2. “Ci portarono a un torneo in Slovenia e poi facemmo un altro provino. Alla fine venimmo presi soltanto io e Riccardo Strivieri”.
Così, a soli 15 anni, Norman sceglie di lasciare Anghiari per trasferirsi a Rimini: “Mia mamma è scoppiata in lacrime quando sono tornato a casa e le ho detto che volevo andare – ricorda un divertito Norman – Io però sono sempre stato in fuga. Sono un tipo da viaggio”. Nonostante questo, per un ragazzino proveniente da un piccolo paese ambientarsi in quel nuovo contesto non è comunque stato semplice. “I primi anni a Rimini sono stati duri. Avevo momenti di crisi e tornavo quasi tutti i fine settimana. Poi era tutto un andare a scuola e allenarsi: era già quasi un lavoro. Dal secondo anno però ho cominciato a fare amicizie e dal terzo non volevo tornare più”. Hassan passa quindi quattro anni a Rimini, compiendo tutta la trafila nelle giovanili: “In quel periodo sono stato convocato a tutti i raduni della nazionale, anche se non mi hanno mai chiamato per un Europeo per colpa dei soliti giochetti – racconta Norman con un pizzico di rimpianto – Poteva capitare che chiamassero un altro più scarso, magari perché più vicino a qualche dirigente”.
A 19 anni è tempo di fare il grande salto tra i professionisti. Norman descrive così quel momento: “Il mio procuratore mi ha chiesto se avessi problemi a spostarmi. Io gli ho detto di no, e allora lui mi ha mandato a Matera. Più lontano di così!” Sul campo, il primo anno da senior in B1 è andato così così: “Giocavo magari uno o due minuti, mettevo un paio di triple, mi giravo verso l’allenatore allargando le braccia come a dire: cazzo, fammi giocare!” Norman rischia di essere ceduto a una squadra di B2, ma Matera decide di trattenerlo e nel secondo anno, complice anche un cambio in panchina, le cose migliorano notevolmente. Hassan ricorda comunque la sua esperienza in Basilicata come la più bella dal punto di vista umano: “Sono stato da dio e ho conosciuto tante persone che sento ancora oggi. Avevo questa casa molto grande e per tutto l’anno ho lasciato la porta aperta, perché c’era sempre gente che entrava.”
Norman passa quindi a Riva del Garda, sempre in B1, per poi fare ritorno dopo tre anni a Rimini, in B2. “Arrivo a preparazione già iniziata e parto in sordina, ma poi divento una pedina cardine: domino e mi lasciano carta bianca”. Dopo un ottimo triennio in Romagna arriva la chiamata da Imola: compagine di A2. Lì Hassan vive il suo periodo più felice sul parquet: “In questo ambiente molti allenatori semplicemente ti usano. A Imola invece Giampiero Ticchi, persona fantastica, era spinto soltanto dall’amore per il gioco. Il terzo anno mi chiama con la squadra che non gira e mi fa: Andiamo a cena stasera. Ci siamo ritrovati a parlare di tutto davanti a un bicchiere di vino”.
L’esperienza successiva, quella di Rieti, è invece stata breve e poco piacevole: “La città è davvero brutta e soprattutto ho avuto un pessimo rapporto con l’allenatore”. Soltanto dopo pochi mesi, Norman si trasferisce a Caserta. In una piazza importante in cerca di rilancio, vive due altre buone stagioni, almeno finché non sopraggiunge il Covid: “Io seguivo la cosa già da gennaio. Avevo già comprato le mascherine su internet a ottanta euro e tutti mi prendevano in giro. Quando i miei compagni me le sono venute a chiedere, ovviamente gli ho detto di no”. Con una vena di ironia, Hassan ricorda anche di come Caserta abbia giocato una partita a Milano proprio la sera in cui la Stazione Centrale è stata presa d’assalto. Fortunatamente il treno su cui viaggiava la squadra era già partito da un paio d’ore.
Lasciando da parte le note di colore, è indubbio che la pandemia abbia avuto un impatto negativo non indifferente sulla carriera di Norman: “I soldi sono calati. Ti trovi ad oggi che tanti giocatori o rimangono a piedi o smettono. L’anno scorso hanno tenuto le porte chiuse tutto l’anno, e le entrate dei biglietti significano tanto per una società. Oltretutto, la crisi tocca anche le aziende che sponsorizzano le società, che se adesso devono tagliare, la prima voce che cancellano è quella delle sponsorizzazioni sportive”.
Nonostante i disagi, Norman ha comunque continuato il suo viaggio, e dopo essere passato nuovamente per Matera si appresta a cominciare una nuova avventura ad Avellino: altra nobile decaduta della pallacanestro italiana: “A trent’anni voglio fare progetti. Avellino ne ha uno e quindi sono corso subito. Il general manager è quello che ho avuto a Caserta e so che ha ambizioni. Già quest’anno vogliono cominciare a risalire la china”.
Infine, guardando al suo futuro, Norman fatica ancora ad immaginarsi fuori dal basket: “Sono due o tre anni che ho iniziato a pensarci. Il momento dello stop sarà sicuramente scioccante. In questo lavoro hai molta pressione addosso: se vinci va tutto bene, ma se perdi partono subito i casini. Dall’esterno viene visto come un semplice buttare la palla in un canestro, invece è pieno di sacrifici da fare. Però alla fine sono contento: vivo giocando a basket e la passione ti ripaga di tutto. Negli anni ho fatto tanti viaggi e ho tante idee, ma ancora non ho deciso. Il sogno sarebbe aprire un baretto isolato sulla spiaggia e starmene lì tranquillo. Comunque, cerchiamo di far continuare il viaggio per altri quattro o cinque anni”.