Andrea Mathias Laurenzi è il capogruppo di PD-InComune, la più numerosa fra le compagini di minoranza presenti nel consiglio comunale di Sansepolcro. In una lunga intervista con TeverePost ha descritto il progetto del Partito Democratico in vista delle prossime elezioni e ha esaminato i possibili scenari, ribadendo forti critiche all’amministrazione uscente.
Come si prepara il PD alle elezioni amministrative?
Partiamo dalla valutazione che l’impulso totalmente civico è finito. Lo ha dimostrato questa amministrazione, quella del “sogno civico”, che si è rivelata una delle più deludenti in termini di risultati concreti. Noi siamo un partito, importante numericamente e strutturato, e quindi la nostra proposta è chiaramente più partitica, ma abbiamo l’esigenza di aprirci alla città, intesa come energie, persone e associazioni che hanno detto o vogliono dire qualcosa e che hanno una proposta che può essere vicina alla nostra. I primi passi in questa direzione sono già stati fatti. Dall’altro lato dobbiamo creare un perimetro politico, perché il PD non è da solo, ha degli alleati, quindi i nostri primi interlocutori sono le forze che fanno parte della coalizione di governo a livello nazionale, come la sinistra di Leu, Italia Viva, i Cinque Stelle. Questo è il nostro orizzonte di riferimento ma non è sufficiente, c’è bisogno che chi ha voglia di dire e fare qualcosa sia coinvolto e aggregato nel progetto.
Quali sono i confini o le preclusioni del perimetro politico di riferimento?
La nostra è una coalizione di centrosinistra, che supera quest’idea del civismo tout court dove basta togliersi la maschera e si è civici. A questo proposito paiono a dir poco sorprendenti le dichiarazioni di Insieme Possiamo. Forse chi vive la politica da paesi lontani non si è reso conto che gli esponenti di Rifondazione in questi anni sono stati totalmente schiacciati sulla figura del sindaco. Sia in giunta che in consiglio, dove mai si è sentita una proposta originale nelle poche volte che il consigliere ha preso parola. Dovranno spiegare bene ora questa voglia di fare un progetto civico alternativo. Chi siede nell’attuale maggioranza prima di sedersi a un tavolo con noi deve quindi chiarire cosa farà da grande. Noi siamo alternativi al civismo targato Cornioli e abbiamo un orizzonte che è quello di centrosinistra. Un centrosinistra che si vuole allargare a una parte anche moderata, a una parte di città che magari non è schierata con la sinistra però condivide gli obiettivi che ci poniamo e sui quali abbiamo costruito questi cinque anni di Partito Democratico. Il meccanismo è creare una coalizione e un gruppo di persone che lavorano sul programma, dopodiché scegliere il candidato a sindaco. In uno schema così eterogeneo pensiamo che lo strumento delle primarie di coalizione possa essere il più indicato.
Sarebbe quindi l’occasione per riproporre uno strumento che dopo un entusiasmo iniziale è caduto un po’ nel dimenticatoio.
Saremmo in un certo senso contro tempo, perché quando le primarie erano lo strumento principe di selezione, a Sansepolcro non si sono mai fatte. C’è stata sempre quest’ombra delle primarie e alla fine la narrazione dice che il PD non le ha mai volute. Ora è il PD che le propone, vediamo cosa fanno gli altri. Forse le primarie sono contro tempo anche perché in Italia non le abbiamo capite tanto bene: sono viste come una guerra prima delle elezioni per fare fuori qualcuno. Io credo che siano utili se sono intelligenti, cioè se si crea un perimetro, un progetto, una classe dirigente, e poi si fa scegliere ai cittadini la figura che deve condurre il gioco. Diventa un percorso partecipativo. Questo strumento in passato è stato usato male, è vero, ma a Sansepolcro su questo siamo vergini. Fare le primarie non è obbligatorio, però è il modo per iniziare il percorso dicendo che il PD, il partito più grande, che ha il 30%, non vuole imporre nessun candidato, anche se ha tante persone al proprio interno che lo potrebbero fare.
Andrea Laurenzi è una di queste?
Andrea Laurenzi è il capogruppo del Partito Democratico ed è stato vicesindaco, quindi nel lotto dei candidati del PD ci potrebbe, come c’è la Chiara Andreini, che è segretaria ed è stata assessore. Ma nell’ultima assemblea che abbiamo fatto online ce n’erano parecchi che rispecchiano il profilo del candidato a sindaco. Che dovrebbe essere qualcuno che dal primo giorno sa dove mettere le mani, ha un minimo di esperienza e si è formato, perché la formazione è un valore e non un disvalore. Quindi il PD non impone il candidato, se arriva una figura esterna che fa sintesi e mette tutti d’accordo va bene. Rispetto al passato probabilmente è cambiato questo: il PD è disponibile a un dialogo a tutto campo con gli alleati.
L’attuale dirigenza del PD ha la forza di guidare questo percorso, anche alla luce del fatto che sembra che dentro il partito o nelle immediate vicinanze ci siano gruppi che operano in maniera autonoma?
Il Partito Democratico si porta dietro questa narrazione secondo cui sarebbe diviso. In questi anni il nostro gruppo dirigente si è completamente rinnovato mettendo insieme esperienza e novità, al di là di quello che viene detto da chi da 20 anni passa da un incarico amministrativo politico ad uno civico. Stiamo lavorando a un progetto ambizioso che guardi ai prossimi dieci anni riallacciando relazioni e rapporti che il civismo non ha saputo coltivare, contribuendo all’isolamento della nostra città con battaglie combattute soltanto sulla stampa locale e non sui tavoli della politica. La marginalità si supera soltanto con progetti credibili e con obiettivi concreti. Arriveranno le risorse del Recovery Fund per una visione che coniughi lo sviluppo con la sostenibilità ambientale, e dobbiamo essere in grado di presentare progetti che cambino il volto alla nostra città e la facciano uscire da questo immobilismo. Siamo un partito che ha tutti quei passaggi belli, vecchi, democratici di una volta: le assemblee, le direzioni, c’è ancora una base, e devo dire che in sede ufficiale non si sente una voce fuori dal coro, c’è compattezza, c’è anche un certo entusiasmo nel fare questo percorso. C’è la narrazione secondo cui qualcuno si muove fuori, ma su questo non posso rispondere, io posso rispondere di quello che avviene dentro. Poi a volte si confonde, perché ci sono gruppi di persone che si ritrovano e fanno politica e vengono associate al PD perché hanno un passato politico importante, magari sono state nel PCI o nei DS, ma nel PD non ci sono mai state. Quindi io mi sentirei tranquillo nel dire che il Partito Democratico in questo momento è coeso, compatto e pronto a fare questa esperienza allargandosi alla città.
La stampa ha insistentemente associato il nome del sindaco Cornioli al PD per un’ipotesi poco realistica che avete già smentito. Ma come mai è circolata, secondo te?
La segreteria del PD di fatto ha smentito dal primo giorni di amministrazione, nel senso che forse a tratti siamo stati l’opposizione più netta e più dura a questa amministrazione. Abbiamo detto più volte che secondo noi questo percorso è stato fallimentare, con un sindaco che ha badato tantissimo all’ordinaria amministrazione ma che nei grandi obiettivi si è richiuso su sé stesso. Il nostro Borgo è diventato un’identità trita del “si stava meglio quando si stava peggio”, non ha guardato fuori ma ha guardato al piccolo e al quotidiano e non ha fatto quei progetti che la città sperava, alimentata dal sogno civico di qualcosa di dirompente. Dopo cinque anni si raccoglie pochissimo e ci sono interviste dove figure importanti dell’amministrazione si contraddicono, chi dice che l’esperienza è finita, chi dice che deve continuare per concludere cose iniziate e non finite. Da qui si percepisce che non solo non è stato fatto niente, ma anche una totale disgregazione. Chi ha condotto questo percorso come può essere il candidato di chi ha fatto opposizione cinque anni? Non so neanche chi possa sognare di mettere l’uomo del sogno civico alla guida del partito più grande, quindi quando questa cosa è uscita sui giornali l’abbiamo sempre smentita. Sono stati fatti dei nomi, tipo quello della consigliera regionale De Robertis: abbiamo subito alzato il telefono e anche lei ha smentito, dicendo di non aver mai proposto una cosa del genere. Quindi la regia potrebbe essere fuori dal PD per fare confusione, perché è un’ipotesi che da noi non è stata mai valutata.
A proposito di Cornioli, pensi che si ricandiderà? Avrà l’appoggio della sua attuale maggioranza?
Inizialmente aveva detto che avrebbe fatto solo cinque anni, poi si è capito che ci ha preso un po’ gusto a stare lì. Quindi un anno fa avrei risposto che si sarebbe ricandidato, perché lo vedevo voglioso di continuare. Adesso credo sia molto dura, in un contesto in cui una fetta importante della sua coalizione gli dice “va bene, si arriva in fondo ma l’esperienza è finita”. Credo che ricomporre un altro quadro sia molto difficile e penso che a questo punto si sia capito che un’esperienza totalmente civica non fa bene a questa città. Del resto ridurre il sogno Cornioli a un’alleanza più piccola per farlo ricandidare credo che sarebbe un passaggio con poco futuro.
La maggioranza ha vissuto anche la recente nascita di un gruppo misto, come valuti questa dinamica?
Gestione pessima della sostituzione del vicesindaco uscente, che se n’è andato, lui dice, per motivi personali, e nonostante i retropensieri accettiamo quello che viene detto. Lo abbiamo fatto subito presente in consiglio: probabilmente, visto che mancavano pochi mesi alla fine del mandato, sarebbe stato meglio non fare cambiamenti, arrivare in fondo con gli assessorati ad interim al sindaco senza creare confusione. Questo ha fatto male soprattutto alle dinamiche della maggioranza più che alla città, perché per fare l’assessore all’urbanistica sono pochi cinque anni, figuriamoci cosa puoi fare in sette mesi. Forse valeva la pena arrivare con un assessore in meno e lanciare anche un messaggio alla città, che in un momento di difficoltà quei pochi soldi si risparmiano. Invece questo scossone ha dato l’idea del castello di carte in cui appena ne togli una viene giù tutto. La gestione dell’uscita di Galli è stata insomma un autogol.
Il gruppo misto sembra essere tenuto ai margini della maggioranza, cosa ne pensi?
Simona Bartolo ha fatto sicuramente una scelta coraggiosa, accettando l’incarico e denunciando una situazione di malessere. Si è presa una responsabilità grande, quella di smarcarsi ed entrare nel gruppo misto. Da quello che si sente è in una zona di limbo, viene esclusa dalle riunioni di maggioranza, non fa parte del contesto. Devo dire che finora si è poco percepito dalle sue azioni, perché ha sempre votato allineata con la maggioranza e non è mai intervenuta, la sua denuncia è stata solo in fase di insediamento. Credo che però qualcosa dovrà avvenire, non penso per esempio che si possa votare un bilancio senza essere coinvolti, per cui fra poco vedremo dove sta Simona Bartolo: se è davvero in maggioranza o se avrà da definire un confine. Se uno viene escluso e non può dire la sua un segnale dovrebbe darlo.
Tornando per concludere alle elezioni, come immagini che saranno organizzate le forze alternative a voi, e come vorresti che fossero organizzate?
Quello che immagino e quello che vorrei sono due cose diverse. Me la vorrei giocare centrosinistra contro centrodestra, perché se ho un nemico da battere, intendo politicamente, cioè qualcuno che ha un’altra visione del mondo, della vita, dell’amministrazione e ha altri valori, quello è il centrodestra. Non vorrei trovarmi di nuovo in battaglia con un mostro a cinque teste com’era quest’amministrazione, che era civica ma in realtà aveva dentro Rifondazione, la Democrazia Cristiana, la destra, “da Gandhi a San Patrignano”. Diventa complicato trovarsi in una dialettica con una cosa del genere, mentre con il centrodestra sai bene qual è la cosa che non sei tu, qual è la coalizione che incarna altri valori, e così si può ritornare a fare politica anche confrontandoci con visioni diverse. Questa è la cosa che gradirei io, mentre immagino che si stia provando a ricostruire un’altra nebbia che sostituisca la nebbia Cornioli. La sensazione è che la maggioranza si sia spaccata in due, e tutte e due le parti si sentano di poter dire ancora qualcosa. E non credo che tutte quelle parti lì ritornino a una casa madre, credo invece che qualcuno provi a rifare un’altra operazione “civismo” che non fa bene alla città, ma che le cose, anche nell’ottica di un secondo turno, sicuramente le cambierebbe.