Guido Guerrini, amico di TeverePost, per cui collabora alla rubrica Oltre il Tevere, vive da alcuni anni a Kazan’, in Russia. In precedenza a Sansepolcro si era occupato di ristorazione ed era stato più volte membro del Consiglio comunale. Attualmente impegnato in lunghi viaggi e gare sportive dedicate alle auto ad energie alternative, a fine estate è tornato alcuni giorni a Sansepolcro dopo una gara in Islanda. Doveva essere un breve soggiorno per visitare i genitori – che a causa delle frontiere chiuse per il coronavirus non vedeva dall’anno precedente – e per votare al referendum e alle elezioni regionali toscane. Proprio grazie al Covid-19 quella breve visita si è trasformata in un lungo isolamento. Lo abbiamo intervistato dopo una vicenda travagliata, attraverso la burocrazia di due Paesi diversi, ma fortunatamente a lieto fine, al termine della quale Guerrini si è potuto ricongiungere con moglie e figlia nella repubblica russa del Tatarstan.
Intanto come stai?
Sto bene, anzi sono sempre stato bene grazie al fatto che ho vissuto il Covid-19 in modo completamente asintomatico. Oggi che ho un tampone negativo in mano e sono riuscito a tornare in Russia mi sento anche decisamente sollevato.
Come hai scoperto di essere positivo?
Con un tampone fatto la terza settimana di settembre. Da metà agosto ho dovuto viaggiare molto a causa degli impegni sportivi legati all’automobilismo. In ogni nazione in cui sono stato venivo regolarmente controllato. Dopo essere risultato negativo a controlli in Russia, in Islanda e a quello doppio in Italia (tampone e seriologico), mi sono trattenuto per votare e ho effettuato un tampone per poter tornare dalla mia famiglia in Russia in occasione del compleanno di mia figlia. In base alle leggi russe per attraversare la dogana è necessario un test negativo effettuato nelle 72 ore precedenti. Siccome il tampone è stato effettuato per necessità personali era a pagamento, e quindi ho pagato 88 euro (solo successivamente avrei scoperto che almeno per i tamponi Covid i privati costano meno del pubblico) per essere dichiarato positivo e rimanere bloccato in Italia. Il giorno successivo al tampone sono stato preso in carico dalla Asl di Arezzo e dal distretto valtiberino e naturalmente obbligato ad isolarmi. Come residente all’estero non avevo alcun medico di famiglia in Italia e quindi mi sono relazionato con i vari medici che quotidianamente mi facevano le telefonate di controllo o quelle finalizzate all’organizzazione dei tamponi successivi.
Non avevi nessun sintomo?
No, nessun sintomo, neppure minimo. In un primo momento ero abbastanza convinto di essere un falso positivo. Addirittura avevo spostato il volo di tre giorni convinto che al tampone successivo si sarebbe risolto il problema e sarei potuto andare al compleanno della bambina. Invece la problematica sarebbe durata quasi un mese.
Dove pensi di essere stato contagiato? Quante persone sono state controllate assieme a te?
Non ho idea di dove possa aver fatto il mio incontro con il Covid. Tra il tampone precedente negativo fatto in Italia ad inizio settembre e quello positivo sono stato esclusivamente a Sansepolcro e in Valtiberina. Pur avendo viaggiato durante l’estate, il virus l’ho quindi trovato quasi certamente in zona. Non ho partecipato a feste o serate con gruppi di amici, ma solo ad eventi legati alla campagna elettorale per le regionali, ma sempre rispettando le distanze di sicurezza, senza stringere mani, lavandole spesso e usando la mascherina ogni volta che era necessario. Per “colpa mia” sono state controllate quasi trenta persone, alcune più di una volta, e sono tutte risultate negative. Questo mi fa piacere perché significa che non ho contribuito a contagiare nessuno, neppure le persone con cui avevo condiviso tempo in auto o nello stesso appartamento (nel caso di mia madre si parla di molte settimane di convivenza). Allo stesso tempo non trovare altri positivi impedisce di comprendere chi possa aver trasmesso il virus a me. Resta l’ipotesi, debole secondo i medici, del contatto con una superficie contaminata, e quindi di essere stato contagiato in modo indiretto da sconosciuti.
Hai avuto paura?
Per me stesso no: sono sempre rimasto razionale, e i numeri raccontano di rarissime complicazioni per persone in buona salute della mia età. Ero semmai preoccupato per i miei familiari più grandicelli e per quelli dei miei contatti più stretti. Va detto che ho vissuto la prima ondata della pandemia [raccontata in una precedente intervista a TeverePost, ndr] in un’altra nazione dove i mezzi di comunicazione hanno gestito le informazioni in modo meno allarmistico rispetto all’Italia. Anche in Russia c’erano persone più o meno preoccupate, ma in generale ho sempre avuto la sensazione che in Italia la gente fosse molto più spaventata da questo evento. Per semplificare, in Russia la gente ha sempre continuato a fare vita sociale, alcuni prendendo precauzioni ma senza rinunciare a vivere. Anche durante il lockdown, più breve di quello italiano, molte attività continuavano ad essere consentite e subito dopo la fase di chiusura la gente ha potuto ricominciare a frequentare luoghi come gli stadi, con presenze ridotte prima al 10% e poi al 25% della capienza. Certamente le immagini di Bergamo e i dati della primavera erano spaventosi, ma devono sempre essere contestualizzati rispetto al bassissimo numero di tamponi che venivano fatti e alla consapevolezza che in giro c’era qualche milione di contagiati mai rilevati. Quel 10% di mortalità di cui si leggeva in aprile tornerebbe al valore comune in tutto il mondo dell’1 o 2% se venissero presi in considerazione i positivi non trovati. Io stesso se non avessi fatto un tampone a pagamento non sarai mai stato trovato positivo, visto che ero asintomatico e non facevo parte di catene note legate a persone infette. Forse quando tutto questo sarà finito andrebbero riguardati i numeri e rivalutato il tipo di informazione quasi terroristica fatta dai media in Italia.
Cosa pensi del fenomeno del “negazionismo”?
Chi dice che il virus non esiste è un cretino ed è pure criminale, perché mette a rischio altre persone. D’altra parte ha poco senso anche essere solo allarmisti. Ci vuole razionalità e va compreso che è necessario tutelare le fasce di popolazione più deboli assicurando nel frattempo al mondo di andare avanti. I costi di questa pandemia qualcuno li pagherà, e se la mia generazione ha ereditato un importante debito pubblico, la prossima dovrà sommarci anche le conseguenze di questo periodo. Un’attività commerciale o un’azienda che chiude sono un costo sociale per tutti, ecco perché sarebbe importante continuare a coltivare aspetti di normalità nella propria vita. Naturalmente bisogna rispettare tutte le regole di sicurezza imposte dallo Stato, anche quelle che in futuro risulteranno essere state inutili. Allo stesso tempo la situazione deve essere monitorata nelle scuole e nei posti di lavoro. Non basta misurare la febbre, ma serve fare tamponi frequenti, come minimo ogni due settimane. Ricordo che io sono risultato positivo anche perché ero al quinto controllo in un mese e mezzo. Molte persone nella mia stessa situazione si vivono un mese di Covid inconsapevolmente, girando indisturbati.
Com’è la vita di un positivo al Covid-19?
Non è bella. Naturalmente la mia esperienza non è minimamente paragonabile a quella di chi ha avuto seri problemi di salute. Guardando i lati positivi è stata un’ottima occasione per leggere libri e recuperare contatti con gli amici utilizzando le risorse che offrono le tecnologie moderne o il buon vecchio telefono. Ho scritto progetti per il 2021 che se la situazione migliorerà vorrei dedicare a viaggi e alle competizioni sportive ad energie alternative, per recuperare almeno in parte quello che il 2020 e il Covid hanno sottratto al mio lavoro. Mi è dispiaciuto non essere vicino a mia figlia e a mia moglie in occasione del compleanno della nostra bambina e aver dovuto sottrarre tempo e attenzioni a loro due, che sono le principali vittime incolpevoli della situazione assieme a mia madre, costretta a una lunga quarantena. Sotto l’aspetto lavorativo ed economico ho mancato a due gare che mi hanno tagliato fuori dal concorrere al titolo mondiale e quello italiano dedicato alle energie alternative.
Non sei stato tra quelli che hanno raccontato al mondo la propria quarantena via social.
No, ho preferito non diffondere notizie su questa esperienza perché l’ho vissuta come un aspetto privato, e in ogni caso finché il quadro era in evoluzione non volevo spaventare contatti episodici avuti nei giorni precedenti alla mia positività. Inoltre non mi sentivo in grado di comunicare certezze sul campo medico, visto che non ho grandi conoscenze in materia. Per quanto riguarda coloro che sarebbero stati cercati per essere stato in contatto con me, invece, li ho avvisati di persona, ancora prima che si attivassero le realtà sanitarie territoriali. Comunque non critico affatto chi ha ritenuto di informare il mondo del proprio stato di salute. In alcuni casi è anche utile per far capire agli altri quali sarebbe il modo più corretto di comportarsi o semplicemente fare informazione su ciò con cui abbiamo a che fare. Ad ogni modo le persone che mi hanno contattato per sostenermi in questa situazione sono state molte, dato che il passaparola o le chiacchiere in giro ci sono state. Altri si sono interessati solo alla propria situazione, magari perché quindici giorni prima avevamo semplicemente parlato con me in strada. Capisco anche questi comportamenti, ma sono tutti figli dell’idea sbagliata che i media, ma anche lo Stato, hanno costruito e continuano a costruire attorno alla pandemia. Fa un po’ sorridere il preoccuparsi di un caffè preso assieme rispettando distanze e usando le mascherine durante l’incontro, per poi magari dimenticarsi di avere figli che vanno a scuola, di giocare a calcio, di andare al supermercato, in chiesa o a lavorare in fabbrica assieme ad altre centinaia di persone. Il virus è presente in molti contesti e non si contrasta con paure e pregiudizi, ma usando la testa e le corrette precauzioni.
Come stanno gestendo la situazione lo Stato e le altre istituzioni pubbliche?
Non ero in Italia durante la pandemia della scorsa primavera quindi conosco la situazione solo attraverso le testimonianze di amici e parenti e la lettura dei giornali. L’Italia ha avuto la sfortuna di scoprire per prima in Europa la pandemia. Il verbo giusto è proprio scoprire, visto che il virus era già diffuso in tutto il continente ma semplicemente non era stato individuato. Chi si è trovato al timone in quelle settimane ha fatto quello che specialisti e tecnici hanno consigliato più corretto fare e non mi sento di giudicarli. Semmai andrebbe fatta un’analisi di come abbiano fatto le strutture ospedaliere ad esplodere in alcune regioni. Qui le responsabilità risalgono a ben prima dell’arrivo del virus. Anche a Sansepolcro l’amministrazione comunale ha lavorato correttamente, dimostrando premura e attenzione verso la popolazione. Se proprio devo individuare una pecca è che avrei inserito nel Coc, il Centro operativo comunale, almeno uno o più medici. Invece trovo ingiustificabile il comportamento dello Stato in vista della cosiddetta seconda ondata. La telenovela dei banchi scolastici ha fatto completamente dimenticare altri aspetti importanti come la saturazione del trasporto pubblico dopo l’apertura delle scuole, il potenziamento della capacità di fare tamponi, l’aumento del personale delle strutture ospedaliere e sanitatarie. Chi non ha preso questo tipo di decisioni ha un’enorme responsabilità. Infine è desolante vedere l’ulteriore fallimento dell’Unione Europea. Non tanto per i braccio di ferro legati ai fondi a sostegno dei vari Paesi, ma soprattutto per la mancanza di volontà di gestire insieme la crisi con regole comuni invece del consueto ordine sparso che ha caratterizzato sia la crisi primaverile che quella attuale.
Pensi che in Russia le cose siano state affrontate meglio?
Non posso rispondere con sicurezza data l’incertezza dei dati a disposizione. Basandosi su quelli ufficiali di certo la Russia ha sfruttato al meglio il mese di ritardo con cui ha scoperto il virus all’interno dei propri confini, e in alcune realtà si è preparata costruendo ospedali e mettendo in moto un sistema di tamponi molto efficiente. Quando a maggio mi facevano presente che in Russia c’erano diecimila contagi al giorno, io ricordavo sempre che il dato derivava da trecentomila tamponi quotidiani contro quelli che in Italia erano dieci volte meno. Oggi l’Italia finalmente viaggia sui centocinquantamila test e ha contagi maggiori della Russia, che nel frattempo ha toccato i quattrocentomila tamponi al giorno. Io vivo in Tatarstan, a mille chilometri da Mosca, e ogni regione della Russia ha avuto dinamiche legate al Covid molto differenti. Qui a Kazan’ si è sempre viaggiato su numeri molto bassi, per fortuna, e ancora non sono scattate particolari misure legate alla seconda ondata.
Ti sei negativizzato?
Oggi finalmente posso dire di sì, ma quando sono uscito di casa dopo un mese ancora ero debolmente positivo. Nel corso del mio mese in clausura i tamponi hanno alternato esiti positivi o debolmente positivi. Quest’ultima definizione è legata allo scovare tracce di virus con una amplificazione maggiore rispetto a quella solita. L’ultimo tampone effettuato, quando ancora ero sotto tutela della Asl, era debolmente positivo. Secondo le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità le persone positive ma completamente asintomatiche possono tornare a vivere una vita normale dopo almeno una settimana senza alcun sintomo. I vari Paesi del mondo hanno recepito questa indicazione alla lettera, altri hanno allungato i sette giorni a dieci o quattordici, mentre l’Italia con parecchi mesi di ritardo ha fissato il termine a ventuno giorni. È stato il decreto dello scorso 12 ottobre a definire questo limite permettendo anche a persone come me, in questa situazione da 28 giorni, di tornare libero.
In questo modo hai potuto lasciare la quarantena pur non essendo ancora negativo.
Sì. Questo deriva dall’osservazione degli asintomatici, che sono meno contagiosi dei malati con sintomi, e soprattutto del fatto che la capacità di trasmettere il virus diventa nulla dopo un certo periodo. Ribadisco che in quasi tutto il mondo era così già da alcuni mesi, mentre in Italia hanno recepito questa indicazione solo a metà ottobre, con ogni probabilità anche per alleggerire il lavoro dei medici che seguono persone considerate ormai non pericolose. Una cosa un po’ assurda è che il servizio sanitario non mi ha fatto ulteriori tamponi e quindi per avere la certezza di essermi negativizzato completamente ho dovuto continuare a fare tamponi a pagamento, indispensabili ad esempio per poter salire su un aereo.
Come sei riuscito a tornare in Russia?
Intanto continuando a fare tamponi anche una volta tornato in libertà. Purtroppo con l’aumento del lavoro del personale sanitario anche il costoso tampone a pagamento ha cominciato a perdere colpi. Dell’ultimo che ho fatto con il sistema sanitario pubblico ho avuto l’esito oltre 48 ore dopo l’esame. Ero già a Fiumicino in attesa di salire in aereo quando mi hanno comunicato che il tampone era illeggibile, forse per mancanza di materiale esaminabile nel tampone stesso. Dopo oltre una settimana non ho avuto neppure il referto di questo tampone che mi ha fatto perdere l’aereo, rendendomi impossibile il ritorno in Russia. Successivamente, attraverso una struttura privata, ho fatto un ulteriore tampone risultato negativo. Per quella che è la mia storia personale dover usare un servizio sanitario privato è stata una sconfitta. Va anche detto che se lo Stato non è in grado di gestire i tamponi a pagamento dovrebbe forse bloccare questo tipo di servizio. A quel punto, con il tampone tradotto in inglese e con qualche chilogrammo di documentazione sono riuscito ad imbarcarmi in un ulteriore volo per la Russia e a superare tutti i controlli doganali. Alla dogana italiana sono stato però bloccato perché nessuno aveva avvisato la polizia di frontiera della mia guarigione. Così ho scoperto che le Asl informano puntualmente le forze dell’ordine di ogni nuovo positivo ma che lo zelo rallenta nel comunicare la fine di isolamento o quarantena. Fortunatamente avevo con me tutta la documentazione che mi ha permesso di non perdere il secondo aereo in tre giorni.
C’è un messaggio che vuoi mandare al termine di questa complessa avventura?
Vorrei ringraziare tutto il personale della Asl per la professionalità, gentilezza e umanità con le quali affrontano questo difficile momento, e in particolare modo per la disponibilità avuta durante il periodo della mia piena positività. Delle mancanze organizzative ci sono sicuramente, ma il tutto non ricade nella responsabilità di chi è quotidianamente in prima linea e che fa tutto il possibile per svolgere nel modo migliore il proprio lavoro. Semmai, quando tutto finirà, sarebbe bello se metaforicamente rotolasse qualche testa politica o gestionale del settore sanitario. Ad alti stipendi devono sempre rispondere anche importanti assunzioni di responsabilità. Voglio poi ringraziare coloro che vestiti da astronauti sono venuti a raccogliere i miei voti alle elezioni e al referendum dello scorso 20 e 21 settembre. Cito e ringrazio anche gli addetti del servizio a domicilio di raccolta rifiuti di Sei, professionali e gentili. Infine vorrei ringraziare mia madre che nonostante i rischi potenziali ha preferito restare ad abitare con me e quindi finire automaticamente in quarantena; e anche amici e vicini di casa per averci aiutato con la spesa e altre piccole esigenze. Il messaggio è molto chiaro, il virus può colpire tutti, ma con le buone abitudini e una normale intelligenza possiamo ridurne l’impatto. Le regole vanno rispettate sempre, ma cerchiamo di non condannare a morte bar, ristoranti e attività commerciali! Bisogna proseguire una vita normale fatta anche di socialità. Con precauzioni, ma sempre socialità, altrimenti favoriremo una desertificazione sociale che era già in atto anche prima del virus.