Si conclude oggi la prima fase del progetto “Il tappeto dei ricordi”, un’iniziativa partita durante il blocco dovuto al coronavirus che ha raggiunto nei mesi successivi un successo e un livello di partecipazione che hanno sorpreso la stessa promotrice. Si tratta di Vania Raspini, infermiera presso il dipartimento di Igiene mentale di Sansepolcro, che ha riassunto al nostro giornale le caratteristiche principali del progetto di realizzare all’uncinetto un tappeto da stendere tra Porta Fiorentina e Porta Romana, per una lunghezza totale di 700 metri e una larghezza di 90 centimetri.
Come è nata l’idea?
È nata dal gruppo di ricamo della Salute mentale. Fra i progetti riabilitativi c’era e c’è un gruppo di ricamo per le donne nel quale faccio l’insegnante. I risultati di questa attività, di quest’arte che richiede pazienza, curiosità e voglia di fare, sono stati sorprendenti, molto oltre le aspettative, nel senso che abbiamo visto che nel ricamare le donne trovano il modo di raccontarsi, di ascoltare, di condividere, di formulare un progetto comune. Con l’arrivo del Covid ero molto preoccupata per tutte queste persone rimaste in casa a reggere una solitudine fatta per lo più di una televisione che non dà certo tanto. Allora ho lanciato l’idea di fare qualcosa che ci permettesse di unirci e di farci sentire parte di un tutto anche senza incontrarci. Qualcosa sotto il quale, una volta finito tutto, seppellire la polvere di questo virus: un tappeto! Potevamo utilizzare quello che avevamo in casa, gli avanzi della lana, e conoscenze che avevamo tutte. La mia generazione ci ha insegnato il recupero, il “non si butta via niente”, tutte noi abbiamo imparato da bambine dalle nostre nonne a fare i maglioni, le coperte, gli asciugamani, il rammendo. Era un tipo di cultura particolare, se vogliamo sessista, però per alcune cose era di tanto pregio. Quindi si è trattato di buttare all’aria la casa per ritrovare gli uncinetti – io non li usavo da 30 anni, di solito faccio il ricamo – ed è anche cominciato uno scambio di uncinetti, durante il periodo di chiusura ci mettevamo d’accordo su dove lasciarceli quando uscivamo per fare la spesa. E poi c’era anche la speranza di riuscire a coinvolgere qualche giovane, di tramandare quest’arte, di fare quello che hanno fatto le nostre nonne e noi non siamo state capaci di fare per pigrizia o mancanza di voglia. Tutto poi è cresciuto così, con il passaparola.
Che ha portato a una grandissima partecipazione.
È stata una partecipazione incredibile, inenarrabile. È una cosa bellissima, non avevo la cognizione di quanto sarebbe diventata importante, non pensavo nel modo più assoluto che avrebbe avuto questo successo. Sapevo che lavorare a maglia insieme ci avrebbe fatto sentire più vicino, ma sinceramente non così. Forse è dipeso dal momento che non era un momento normale. Hanno aderito donne di tutte le età, tante ultraottantenni che hanno dato l’esempio con grande entusiasmo, anche ultranovantenni che hanno fatto lavori meravigliosi. E ci sono bambine che hanno imparato, così come persone della generazione subito dopo la mia. Quando non potevamo incontrarci abbiamo perfino realizzato dei tutorial video per chi voleva imparare, e in questo modo persone anziane hanno cominciato anche a usare Whatsapp. C’è stata una partecipazione massiva di tutte le categorie di lavoratrici, e anche qualche uomo è stato bravissimo! Ma gli uomini, in genere, non hanno la pazienza che serve per fare l’uncinetto. Abbiamo anche pensato di unire tutta la valle, e c’è stata l’adesione di tanti Comuni, perfino di altri territori e addirittura alcuni lavori sono arrivati dall’estero. Associazioni, gruppi di volontariato, Rsa, piano piano si aumentavano sempre più le adesioni. E dal classico quadrato all’uncinetto 30×30 abbiamo avuto richieste di contribuire in modalità diverse, a maglia, con pezzi dipinti, quindi abbiamo coinvolto anche i pittori della zona. Poi sono nate le storie, c’è gente che ha preso un lenzuolo e ci ha dipinto la storia della sua vita, altri quadrati ricordano singoli episodi, una signora ha fatto un tappeto a patchwork con pannucce, pezzuoline, camicie, tovagline da colazione per raccontare i personaggi di Sansepolcro a cui erano appartenute. Abbiamo unito anche tante culture di persone che vivono qui e sono extracomunitarie, per esempio una signora cilena ha fatto lavori incredibili, la Torre di Berta, il Palio della balestra, una tavola apparecchiata da colazione tutta all’uncinetto. Abbiamo poi iniziato a fare fiori e nastri riempiendone il tappeto, abbiamo ripreso vecchie coperte e le abbiamo restaurate riducendole a 90 centimetri con lavori certosini. Alcune persone hanno voluto rappresentarsi con frasi o musiche scritte nel tappeto. Io ho voluto fare una cosa legata alle Olimpiadi e agli Europei che non ci sono stati per il Covid, riproducendo una sorta di partita Italia contro coronavirus.
E come è finita la partita?
È stato interessante decidere il risultato: che fosse una vittoria dell’Italia non avevamo dubbi, e lì per lì abbiamo detto 4-0. Poi però abbiamo pensato che non è andata davvero così, qualche gol il coronavirus l’ha fatto. E allora ci è tornata in mente la storica partita Italia-Germania 4-3, e anche questo è stato un modo per ripristinare ricordi.
Ora inizia una nuova fase del progetto.
Adesso comincia la fase in cui riattacchiamo tutto e controlliamo quanto manca. Dopo i primi cinque o sei giorni di agosto saremo in grado di dire se siamo a 700 metri, ma al massimo potrà mancare davvero poco. Poi pensiamo di stenderlo i primi di settembre da Porta Fiorentina a Porta Romana. Lo porteremo in pacchi da 25 metri – altrimenti non sarebbe possibile trasportarlo e srotolarlo – e a mano a mano si uniranno le parti con dei lacci. Avevamo pensato di fare una cena comune, ma non ci è consentito perché diventa assembramento. Speriamo però di riuscire con la collaborazione dell’Associazione dei commercianti, che ci ha aiutato molto, a fare comunque una cena a prezzo popolare, magari ciascuno nelle proprie pertinenze, ma pur sempre una serata di festa. Inoltre vorremmo fare un libro, un librone con le foto delle nostre donne, con le dediche scritte da loro, una loro storia, un loro racconto. Per settembre sarà sicuramente troppo presto, forse lo presenteremo a Natale o al limite il 10 marzo, che oltre a essere il mio compleanno è il giorno in cui è iniziato il blocco per l’emergenza.
C’è inoltre un obiettivo di beneficenza.
Questa esperienza ci ha unito, ci ha permesso di tramandare un vecchio sapere, ci ha fatto compagnia e sì, ha uno scopo di beneficenza, che inizierà con il donare i pezzi fatti a chi ne ha bisogno, alle Rsa, dove possono essere utilizzate come coperte. Così come mi piacerebbe che i pezzi più artistici non andassero persi, ma venissero esposti in luoghi pubblici, nei Comuni, nelle sedi delle associazioni, all’ospedale, nei distretti.
Il gruppo che si è creato intorno all’iniziativa resterà attivo?
Intendiamo costituire un’associazione dei lavori femminili, che possa fare corsi, tramandare mestieri che si perdono, il mestiere della sarta, il ricamo, il macramè, e organizzare altre iniziative. Donne che possono fare 700 metri di tappeto possono mettere in piedi anche altri progetti! Il problema principale è trovare una sede dove poter andare, perché serve un luogo che non sia in comune con altri, visto che siamo tante e abbiamo tanti materiali da lavorare, e che sia accessibile, perché tante hanno una certa età. E magari vicino al centro storico, per poter esporre qualcosa. Con una vetrina, la sede potrebbe diventare anche un museo, anche esponendo pezzi del tappeto. Naturalmente ci vuole un Comune che ci investa, ma d’altra parte paesi interi hanno costruito una fortuna su questo tipo di cose, basti pensare a Bruges che è bellissima. Abbiamo il merletto, ma anche gente che ricama, che fa l’uncinetto, che è capace a dipingere su stoffa, questo potrebbe trasformare il Borgo in qualcosa di più bello e curato e potrebbe costituire un’attrattiva, come avviene in vari luoghi. Non vogliamo naturalmente metterci in competizione con altre associazioni, ma semplicemente stare bene insieme.
Le immagini, tranne quella di copertina, sono state gentilmente fornite da Vania Raspini.